Ippolito Caffi Tra Venezia e l’Oriente 1809 – 1866

Venezia: San Giorgio Maggiore e la laguna di giorno, 1858

Centocinquanta opere del pittore Ippolito Caffi in mostra al Museo Correr di Venezia illustrano il percorso artistico dell’artista di origini bellunesi, ma veneziano d’adozione e ne restituiscono l’uomo e al tempo stesso lo spessore qualitativo dell’opera.

I suoi viaggi, a volte avventurosi diventano il tema dei suoi dipinti e le città di Venezia, Roma, Napoli, Atene, Costantinopoli e Gerusalemme sono i luoghi dove il suo pennello diventa libero di creare, lontano dai vincoli delle Accademie. La percezione che si riceve visitando l’esposizione è di immergersi in spazi sempre diversi per colori e atmosfere che l’artista con l’abilità di un reporter ha saputo concretizzare sulla tela, consegnandoci testimonianze straordinarie e immagini perdute. La bellezza che colpisce gli occhi è la magia di un colore così solare, che ha ereditato gli insegnamenti dalla scuola veneziana di Canaletto e Guardi, ha fatto tesoro della scuola napoletana di Posillipo ma ha creato una pittura capace di parlare con un proprio linguaggio e stilemi specifici al nuovo secolo e di restituirne a noi la cifra stilistica. Sono scintille di luci speciali, che risplendono anche di notte sui palazzi durante le feste. A temi goderecci come il Carnevale a Roma il pittore dedica ben quarantadue tele e questo spiega come il soggetto incontrasse il favore entusiasta dei committenti del tempo. E’ originale la sua ricerca sulla luce e sui colori che rimbalzano e si amalgamano come potremmo vedere con esiti che non lasciano indifferenti in tutte le sue opere.

Roma: Carnevale: I moccoletti ci porta così per mano a conoscere i luoghi di questa festa che durava nella città eterna ben otto giorni e che culminava il martedì grasso con la corsa dei cavalli berberi lanciati nella folla e con quella dei moccoletti, in cui tantissimi romani con le candele in mano correvano da Piazza del Popolo a Piazza Venezia cercando con fatica che i lumini rimanessero accesi. Sembra di riudire le voci di quella gente.

Roma: Carnevale: I moccoletti, 1837

Sono scorci di una città come Roma, talmente bella anche per il nostro Ippolito Caffi da sembrargli ideale e di cui egli rende palpabili i monumenti che le disegnano il volto, come il Colosseo che ritrae in angolazioni scenografiche che abbracciano le colline e gli edifici circostanti.

Roma: interno del Colosseo, 1855

Le sperimentazioni di quel secolo sulla fotografia affascinavano e il desiderio di riprese panoramiche non poteva lasciare indifferente il nostro artista che frequentava a Roma il Caffè Greco, animato da un vivace circolo di pittori-fotografi. Scorrono così come su un tapis roulant cosmico immagini suggestive del Foro Romano, di Trinità dei Monti, del Pantheon, della Basilica di San Pietro, di Castel Sant’Angelo e delle passeggiate preferite dai Romani al tempo di Pio IX, quelle del Belvedere e della Terrazza del Pincio.

Roma: Monte Pincio, 1846

Si intuisce un sentimento che è frutto della capacità del pittore di cogliere, in alcuni casi con una vena di romanticismo, il carattere dei luoghi visitati, racchiudendone l’essenza in uno scrigno prezioso. In molti quadri la vivacità dei rossi e delle sfumature delle tinte calde sembra costruire il paesaggio e indicarci l’autore. Venezia è una delle città amate dall’artista e di questa città dipinge con passione lo sbocco del Canale nel bacino di San Marco con il suo aprirsi ad abbracciare l’intero universo lagunare, fra le forme tondeggianti della Basilica della Salute da un lato e le forme eleganti e ritmiche dei palazzi nobiliari dall’altro.

Venezia: Regata in Canal Grande. 1848-1849

In Venezia: Festa sulla via Eugenia il Carnevale muta i suoni rispetto ai Moccoletti di Roma, non più festeggiamenti sfrenati e bacchici, ma quieti nella loro spontaneità. Luce naturale e bagliori artificiali scardinano il concetto di vedutismo tradizionale e veniamo catturati da una scena a metà fra il pittoresco e il piacevole da un lato e il sublime e lo straordinario dall’altro.

Venezia: Festa sulla via Eugenia, 1840

Intensa e suggestiva è l’analisi del dato scenografico e atmosferico nel dipinto: Venezia: Neve e Nebbia.

Venezia: Neve e Nebbia, 1842

Sembra qui di toccare con mano quella neve soffice che ricopre i tetti e il molo, l’umido e il gelo penetra nelle ossa in uno scenario magico che appartiene solamente a Venezia: città i cui palazzi vivono sospesi sull’acqua, galleggianti sul mare, fragili e preziosi. Nella laguna Caffi giunge nel giugno del 1827 per frequentare l’Accademia di Belle Arti e qui si trova a vivere un periodo non facile, costretto per arrotondare anche a macinare i colori nelle botteghe degli altri artisti.

Durante la rivoluzione del 1848 il pittore assume il grado di capitano del battaglione difensivo e documenta le fasi difficili della battaglia come in Bombardamento notturno a Marghera, 25 maggio 1849. L’opera descrive con precisione ottica gli effetti di luce prodotti dal bombardamento delle artiglierie austriache nemiche. Il fragore dei combattimenti si traduce nei balenii degli scoppi e le zone buie fanno da cornice ai bagliori di fuoco che bruciano gli edifici e lasciano scie bianche sull’acqua.

Bombardamento notturno a Marghera, 25 maggio 1849

Il cinque ottobre 1843 Ippolito Caffi, realizzando un suo grande desiderio, salpa da Napoli verso Atene, la prima tappa di un viaggio che lo porterà a Costantinopoli, in Siria, in Armenia, in Palestina fino in Egitto. Questo è il periodo artistico in cui la sua poetica raggiunge effetti di grande liricità.

Costantinopoli veduta delle acque dolci d’Europa, 1843

Trovandosi di fronte al Bosforo egli scrive di sentirsi trasportato in Paradiso: tale è la bellezza di queste terre toccate da sapori ancestrali, depositarie di miti e di storie che sembrano avvolgere acque, vegetazione e palazzi.

Costantinopoli: veduta di Santa Sofia, 1843
Costantinopoli: l’Ippodromo, 1843

La luce del sole sulle pietre, i minareti che svettano verso l’alto e le moschee nel dipinto Costantinopoli: l’Ippodromo misurano la quantità e la varietà di cose viste in questo viaggio che lo porterà a diretto contatto con territori che vivono al di fuori degli schemi occidentali come nelle terre d’ Egitto. Viaggerà solo tra i beduini nel deserto, tra i cammelli e le loro carovane. L’esito di questa esperienza si tradurrà in scene pittoriche uniche dove l’aria mescolata alla sabbia avvolge a spirale le tende dei beduini che appaiono paradossalmente nitide nei bagliori delle tonalità dei gialli in contrasto alle sfumature dell’arancio.

Egitto: Carovana nel deserto, 1843
Egitto: Vicino a Kafr–Zayat, 1843

Il movimento ondoso della sabbia mossa dai cammelli rende il dinamismo di parte di questa scena a cui si contrappone l’immobilità dei gruppi di nomadi, sullo sfondo di uno spazio che sembra sospeso al di fuori del tempo come accade quando nel deserto cerchiamo un punto di arrivo e vediamo l’infinito.

Altrove come nel dipinto Tebe: tempio diroccato abbiamo la percezione piena della forza della storia che si tramanda nella monumentalità dei resti architettonici gravidi di memorie e unici nell’immensità silenziosa. Il senso della Storia l’abbiamo sentito in maniera forte anche nei dipinti che raffigurano il Colosseo e un intento documentarista è spesso presente nelle descrizioni delle città.

Tebe: tempio diroccato, 1844

Nel dipinto Cairo: Moschea e fontana, Caffi come un giornalista fotografa la città nei suoi edifici tipici e ci fa conoscere la sua gente restituendocene il carattere autentico. Egli non si mostra incline a descriverci l’Oriente come una terra esotica ma al contrario vuole esaltare nella pittura ciò che la rende vera perché possiamo innamorarcene.

Cairo: Moschea e fontana, 1853

I colori dei bazar, l’affollarsi della gente nelle loro vesti colorate, i bagliori del sole sui palazzi ci restituiscono un mondo palpitante e vivace in cui confonderci per curiosare come nel Bazar di scialli al Cairo o nel Bazar di scialli ad Alessandria, opere del 1843-44. Caffi, ci regala tante foto delle città che visita non solamente nei paesi orientali ma anche in Europa, come in Nizza: panorama. In questo quadro mentre osserviamo gli spettatori del golfo e della spiaggia ci ritroviamo a condividere l’immensità dell’azzurro delle acque e del cielo e la poesia di quegli spazi.

Nizza: panorama, 1851

Egli è proprio un poeta delle immagini, raccoglie il fascino dei luoghi e lo traduce in paesaggi dove è sovrana l’armonia dei colori. Il suo viaggio è anche il nostro e le sue scoperte diventano parte del nostro bagaglio culturale.

Patrizia Lazzarin