TIPI UMANI SEDUTI AL CHIUSO

Le biblioteche, siano esse grandi e piccole, contengono e conservano la somma delle conoscenze dell’uomo. In esse saperi di ogni genere sono racchiusi in volumi che ci guardano dagli scaffali e sembrano invitarci  ad aprirli per scoprire cose e fatti nascosti, oppure non noti, altri “luoghi”. Labirinti, anche parafrasando un termine usato spesso dallo scrittore e poeta argentino Jorge  Luis Borges, che possono divaricarsi in diversi sentieri e prendere direzioni inaspettate. Tipi Umani seduti al chiuso che è  in questi giorni nel cartellone al Teatro Verdi di Padova, è uno spettacolo che nasce dal progetto e con la regia di Lucia Calamaro. Partitura sentimentale è il suo sottotitolo.

Esso presenta una sfida ambiziosa nel buttarci  come esche più occasioni di pensiero sul senso dell’esistenza umana. Sicuramente quell’inventario, in corso, dei libri posseduti da quella biblioteca, perché in una biblioteca ci troviamo o meglio, sono i Tipi protagonisti della piece che lì si trovano e la “abitano”, vede lanciate e gettate all’aria  le opere dei maggiori scrittori e scrittrici. E tra i grossi tomi e libelli che volano, noi sentiamo diventare esili le nostre radici e il terreno su cui si regge la nostra Storia diventare franoso. Quelle idee, nozioni, saperi e sentimenti, luoghi e parole non paiono più adatte a fornirci risposte in un mondo dove scoppiano ancora conflitti che fanno temere per la salvezza del pianeta Terra.

Forse ci eravamo illusi. Il progresso dato dalla conoscenza  è solo utopia. La pace è un sogno. Violenza, sangue scorrono … Simona è la scrittrice che passa le sue giornate in questa biblioteca chiusa al pubblico per eterni restauri e, qui è venuta grazie alle chiavi fornitole da un’amica che lavora nel comune in cui entrambe vivono. Qui è certa di trovare i personaggi per il suo ultimo romanzo. Filippo è il critico d’arte, Susanna è la giovane e melanconica musicista, il direttore della biblioteca è Riccardo, l’aiuto bibliotecario Lorenzo, lo stagista è Cristiano …

 La biblioteca non sembra chiudere mai, attività diverse sono in programma e si susseguono in una corsa senza tempo da far ricordare quell’horror vacui, terrore del vuoto che spinge a riempire gli spazi, la vita. Provocatoria, intrigante nasce sulle ceneri di un sapere ostentato la domanda: quale nutrimento per la mente e l’animo potremmo scorgere in questo susseguirsi di “eventi”? Il leit motiv  diventa  il significato di senso del percorso umano.

Quel luogo ricolmo di sapere, svela piccole individualità. Filippo, il critico d’arte ci appare intento a promuovere se stesso, non l’Arte. Ed ecco che potrebbe sorgere anche qui un quesito. Potremmo interrogarci a buon diritto di quale arte oggi parliamo … Cosa ci viene proposto nelle grandi mostre nazionali e internazionali? Quali interessi e significati? Il direttore della biblioteca Riccardo mostra l’intreccio fuorviante delle sue relazioni personali. Nella biblioteca lavora il nipote che ha lo stesso nome di suo figlio. La moglie se ne è andata in India. Era stanca di lui e forse di quel menage familiare. La stanchezza, anche la sua, da cui nasce la ricerca di piccole cose per vedere la luce nel  labirinto della sua anima, non ci rivela scenari migliori. Sedersi a tavola, stare lontani da casa diventano scappatoie forse per non esistere realmente e non affrontare la vita.

Quella vita che sembra tenere in scarsa considerazione anche il figlio  di Riccardo che tralascia gli studi universitari e si nutre di cannabis. Quel figlio che sembra svelare il malessere di molti giovani che non vedono un futuro possibile per loro nel mondo di oggi.  Cosa potrebbero sperare? Davanti a loro non c’è Bellezza. Sarebbe utile domandarsi: noi, gli altri, la scuola e le istituzioni la conosciamo o la potremmo indicare?

                                                                  Patrizia Lazzarin