FRA BIRMANIA ED EUROPA: QUANDO L’ARTE DIVENTA DOCUMENTO

Un  artista birmano racconta alla Fondazione Ragghianti di Lucca il dramma di un popolo colpito da eterni conflitti interni dalla fine del dominio inglese del 1948. La mostra, “Burma. L’arte di Sawangwongse Yawnghwe fra Birmania ed Europa”, curata da Max Seidel e Serena Calamai,  è una selezione di oltre sessanta opere dell’artista Sawangwongse Yawnghwe, alcune di grandi dimensioni e soprattutto facenti focus sull’interminabile conflitto fra tirannide e democrazia che interessa la Birmania da oltre mezzo secolo.

 Sawangwongse guarda  ai disastri provocati  dalle guerre attraverso immagini simboliche, spesso ispirandosi a Francisco Goya. L’esposizione che apre al pubblico oggi 21 settembre sarà visitabile fino al 3 novembre. La  vita dell’artista, nato nell’area controllata dai ribelli nello Stato birmano di Shan, si intreccia con i drammi che “leggiamo” nelle sue opere. Suo nonno fu il primo presidente della Birmania dopo la fine del colonialismo inglese e fu ucciso in un colpo di stato militare. In seguito all’attentato, suo padre e sua nonna fondarono un movimento di resistenza.

L’arte di Sawang, attivo sulla scena internazionale con esposizioni a Taiwan, in Germania, negli Stati Uniti, in Israele e in Olanda, diventa pertanto testimonianza delle sofferenze dei popoli oppressi, e questa mostra ne raccoglie alcuni esempi di straordinaria potenza. Accanto alle  opere ispirate alla storia politica del suo Paese di origine, l’esposizione dedica spazio a un ciclo di opere in cui l’artista riflette su importanti temi della pittura europea moderna, confrontandosi con la tradizione culturale del nostro continente da una prospettiva intensamente sentita che aggiunge profondità alla sua opera.

 Una parte della mostra ospita infatti una selezione di lavori che traggono ispirazione da “Le Chef-d’œuvre inconnu” di Honoré de Balzac, che, raccontando l’impossibile ricerca del capolavoro assoluto, analizza il rapporto tra rappresentazione e realtà.  Nell’esposizione  vediamo anche  alcuni suoi lavori che riflettono il grande conflitto tra arte e vita, che fu descritto da Émile Zola ne “L’Œuvre” nel 1886.

Come dichiara Max Seidel, co-curatore della mostra insieme con Serena Calamai, il suo incontro con Sawang “ebbe luogo in Toscana poco dopo la Saffron Revolution del 2007, e a seguito di quei colloqui l’artista creò una serie di disegni riferiti alla repressione dei monaci buddhisti da parte della brutale forza armata dei soldati della giunta militare. Già nelle prime opere grafiche Sawang scelse di rappresentare la guerra in Birmania attraverso immagini simboliche, sottraendosi a una mera raffigurazione cronachistica degli eventi”.

L’esposizione è realizzata dalla Fondazione Ragghianti con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e la partnership del Kunsthistorisches Institut di Firenze.

                                                                 Patrizia Lazzarin