SORELLE DI ADA NEGRI

UNO DEI PRIMI CAPITOLI DELLA STORIA DELLA SCRITTURA DELLE DONNE

Sorelle di Ada Negri, la raccolta recentemente pubblicata da Neri Pozza, recupera la qualità magica di un’umanità femminile in primis, ma non solo. Donne forti, spesso sole, camminano in paesaggi che recano il fascino dei luoghi scomparsi. Un filo da ricamo lega le storie dei vivi e di chi ci ha lasciato per intrecciare vissuti esemplari. La Natura nella sua bellezza, ma anche come furia, unisce l’uomo alla terra non solo perché lo nutre, ma anche perché percepiamo l’intima sostanza che li accomuna.

 Nel racconto La Barila, dove appare protagonista, nelle operazioni di mietitura che impegnano ogni abitante di quella fattoria e di quelle dei dintorni, una donna, una vecchia, dice chiaramente Negri, quasi settantenne, nodosa e ingrommata più d’un ceppo, sfacchinante meglio d’un uomo per buscar qualche lira e il vitto, cogliamo anche la presenza palpitante degli elementi naturali.  La sferza del luglio s’abbatte a piombo sull’opulenza dorata dell’aie e sull’arsa nudità dei campi di stoppie e lische. Non vivi corsi d’acqua, e non molti alberi in questa pianura frumentaria. …

 La siccità dura da mesi: le nubi se le divora il vento che ogni mattina si leva … vero ghibli del deserto …  sotto la sua furia stridono le cicale impazzite: la terra pallida si spacca con crepiti sinistri. Se mi ci butto stesa e v’accosto l’orecchio, sento che mi si rompe e mi geme nelle viscere.  Ecco allora che il respiro della terra diventa anche quello dell’autrice: dell’essere umano.

Un sentimento per alcuni aspetti panico che rammenta alcune liriche contenute nella raccolta Ossi di Seppia del poeta Eugenio Montale. Si leggono relazioni fra poesia e prosa negli scritti di Ada Negri, dove la prima presta vocaboli sintetici, esaustivi e capaci di racchiudere significati che si confondono con le emozioni. Accanto a questo, la raccolta Sorelle diventa anche un atto di determinazione e coraggio in un’Italia fascista che aveva già tradotto in agiografia il mito della donna madre e sposa, come scrive anche nella prefazione, il critico letterario Massimo Onofri. Sono ritratti di ventuno donne che sembrano affrontare le sventure, ancora più complicate e difficili, in quanto donne, con una corazza costruita usando volontà, capacità e i loro ideali.

A volte spicca il senso di sorellanza fra le protagoniste di questi racconti, ma allo stesso tempo emerge anche la solitudine di queste creature femminili che sanno guadagnarsi l’indipendenza economica necessaria a sopravvivere senza un marito o una famiglia che le sostenga.  Sulla scena della vita sentimenti che restituiscono il sapore di una calda famiglia fanno da contraltare a storie dove l’amore è più spesso gelosia e violenza. Una violenza che in quei tempi giustificava, nella morale comune e nei tribunali, il delitto d’onore.

Sul frontespizio della pubblicazione, edita da Neri Pozza, compare un papavero stilizzato, un fiore capace di fiorire sui campi di battaglia, a rievocare il rosso del sangue, ma anche gli ideali vivi delle nuove donne che sembrano con fatica avanzare verso una nuova consapevolezza.

Quando Ilaria danzò sotto la Luna narra come un antico aedo della rinuncia alla libertà, della danza che propizia il rito della comunione dell’uomo con l’universo. Bellezza e sensazioni ci sono donate nella freschezza dell’incanto della Natura. E mentre si svelano questi mondi femminili, emblema di unicità di essere e sentire, un arcano sembra trovare chiarezza nelle pagine di Signora con bambina.

Di noi donne nessuno ha mai capito nulla e abbiamo troppo orgoglio per dire il nostro segreto patimento, nudo e crudo com’è. Ma se tu ti confidi al mio cuore, vedrai forse il tuo in uno specchio… Un avvicinamento cercato, una sorellanza unisce le donne e le individua anche come genere, anticipando con la scrittura tante interessanti questioni femminili poi dibattute e divulgate nei decenni successivi.

Ada Negri nacque a Lodi nel 1870 e divenne amica di Filippo Turati e Anna Kuliscioff, poi di Benito Mussolini e di Margherita Sarfatti. Fu candidata nel 1926 e nel 1927 al premio Nobel per la Letteratura. L’uscita della sua prima raccolta poetica: Fatalità nel 1892, ebbe un tale successo di pubblico e di critica che con decreto ministeriale, le fu conferito l’incarico di professoressa presso la scuola Gaetana Agnesi di Milano.

                                                              Patrizia Lazzarin