
Fino al 18 maggio 2025 a Villa Caffarelli saranno esposti alcuni capolavori assoluti di una delle più importanti collezioni d’arte del Rinascimento. Centoquaranta capolavori tra sculture antiche, bronzi, dipinti, disegni, manoscritti, gemme e monete della più prestigiosa raccolta di opere d’arte e reperti archeologici del Rinascimento saranno ammirabili negli spazi espositivi di Villa Caffarelli, ai Musei Capitolini. Un progetto scientifico di grande rilevanza nell’ambito dell’anno giubilare racconta la Collezione Farnese ricostruendo il momento del suo massimo splendore,dai primi decenni del XVI secolo all’inizio del XVII.
L’esposizione “I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione” si avvale della collaborazione dei tanti musei e istituzioni che oggi conservano tale eredità. I maggiori contributi sono giunti da Napoli, città che custodisce nel Museo Archeologico Nazionale, nel Museo e Real Bosco di Capodimonte e nella Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” numerose opere appartenute alla Collezione Farnese.

Iniziata da Alessandro Farnese, asceso al soglio pontificio come Paolo III nel 1534, e ulteriormente arricchita dall’opera dei suoi nipoti, i cardinali Alessandro e Odoardo, la Collezione Farnese fu tra le più celebri raccolte artistiche e archeologiche. Essa raccoglieva un grande numero di capolavori dell’arte antica, tra cui sculture, dipinti e disegni dei più grandi artisti dell’epoca, gemme, monete e preziosi manoscritti. Servì anche a legittimarla come promotrice di una nuova Roma, in grado di riportare in vita la maestosità antica attraverso la cultura e le arti e, al contempo, a dare lustro alla figura di Papa Paolo III rafforzando il suo pontificato.
Nella prima metà del XVI secolo, la nascita e soprattutto lo sviluppo della Collezione avvengono in un particolare contesto: la profonda e rapida trasformazione urbanistica di Roma, voluta e promossa da Papa Paolo III, dopo il tragico Sacco di Roma del 1527. In particolare, si deve al Papa Farnese l’iniziativa del grandioso rinnovamento di Piazza del Campidoglio, affidato al genio di Michelangelo, con la collocazione della celebre statua in bronzo del Marco Aurelio, trasferita nel 1538 dalla Piazza del Laterano.
Se la passione che Paolo III nutriva per l’antichità, condivisa e incrementata poi dal nipote, il Gran Cardinale Alessandro, riportava Roma alla gloriosa epoca imperiale, il fatto che i Farnese acquisissero e collocassero un numero sempre più importante di capolavori antichi nel loro Palazzo in Campo de’ Fiori (tra cui per esempio, l’Ercole, il Toro e la Flora Farnese, rinvenuti tra il 1545 e il 1546 nel corso degli scavi nelle Terme di Caracalla e trasferiti subito nel cortile del Palazzo), manifestava simbolicamente il potere che la Famiglia aveva assunto in quegli anni.
Il costituirsi di un nucleo di opere così eccezionale fece chiaramente emergere la vocazione di Palazzo Farnese: quella museale. Funzione che può essere ulteriormente convalidata dal fatto che già nel XVI secolo il Palazzo, noto non solo per la sua maestosità architettonica ma anche importante centro politico e sociale per la nobiltà e il clero, era inserito fra i luoghi più importanti di Roma, che le guide invitavano a visitare.

In questo sviluppo ebbe un ruolo di rilievo anche Fulvio Orsini, erudito umanista ed antiquario, che si dedicò totalmente alla valorizzazione della raccolta tanto da essere considerato il Deus ex machina della Collezione. Infatti, ne fu il conservatore erudito, il bibliotecario, l’antiquario nonché iconografo di alcuni importanti affreschi del Palazzo Farnese.
Il percorso espositivo si snoda lungo dodici sale, percorrendo le quali il visitatore può immergersi nella realtà dei Farnese ricostruendo il legame tra la famiglia, la città di Roma e la Collezione. Sono esposti alcuni dei capolavori che all’epoca impreziosivano gli ambienti più fastosi del Palazzo (la Galleria dei Carracci, la Sala dei Filosofi, il Camerino del Gran Cardinale, le Stanze dei dipinti sacri e quella dei ritratti), quali lo splendido gruppo del Pan e Daphni, databile alla metà del II secolo d.C., il raffinato gruppo del Ganimede con l’Aquila, anch’esso di età imperiale e capolavori assoluti dell’arte rinascimentale, come la Madonna del Divino Amore di Raffaello e il Ritratto di Papa Paolo III con il camauro di Tiziano, nonché i preziosi disegni preparatori della Galleria dei Carracci.

La mostra, a cura di Claudio Parisi Presicce e Chiara Rabbi Bernard, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Zètema Progetto Cultura in collaborazione con Civita Mostre e Musei. Progetto di allestimento e direzione artistica dello Studio Lucchi & Biserni.
Patrizia Lazzarin