
Il Carnevale di Nizza e altri racconti, il libro della scrittrice Irene Némirovsky, pubblicato di recente, dalla casa editrice Adelphi, è una lettura piacevolissima, dove i sentimenti e le sensazioni si assaporano come cibi di cui comprendiamo la soavità, la “croccantezza”, il gusto della lentezza e la pervasività capaci di avviluppare, come grazie ad una coperta protettiva, il nostro cammino nella narrazione.
Questi testi che l’autrice compose fra il 1921 e il 1937, a partire dai suoi diciotto anni, posero degli interrogativi anche al suo primo editore Bernard Grasset che si chiedeva come potesse, una giovane scrittrice, conoscere l’animo umano già in maniera così profonda.
La nostalgia degli amori perduti, come nel racconto Carnevale di Nizza, o il rimpianto di vite non vissute a cui fa da contraltare, con suoni differenti come in uno spartito, la solitudine o la consapevolezza dei segni tracciati dal Tempo sulla nostra pelle, sono sentimenti di cui si percepisce la quotidianità del loro avverarsi e allo stesso tempo, nella scrittura di Némirovsky, si condensano in liquidi preziosi capaci di trasformarsi in cammei ed ori a noi cari.
Si respira una vitalità anche nella tristezza. Dolori e gioie nascono nella propria naturalezza come nell’alternarsi di eventi felici e melanconici nelle vite di ogni individuo. La Natura nel suo germogliare, fiorire e quasi dolce appassire si stringe insieme a donne, uomini e bambini nel loro ciclo vitale, creando una sinfonia corale, dove i suoni e i colori dell’ambiente misurano e restituiscono anche la misura del sentire dei protagonisti del racconto, che ad un certo punto diventa, incapaci di distinguerlo, anche il nostro.

Chi ama questa scrittrice o quanti sono appassionati di lettura, avranno sentito almeno citare i titoli di alcune delle sue opere più famose, quali: Suite francese, Il Ballo e David Golder. Sono stati forse questi romanzi a oscurare le sue narrazioni più brevi, quei racconti, circa cinquanta, che ella compose tra il 1921 e il 1942 e che hanno con i primi molti elementi in comune.
Per Némirovsky, valgono sicuramente le riflessioni di Baudelaire sulle forme brevi di scrittura: “il fatto che la lettura sia compiuta tutta d’un fiato, lascia nella mente un ricordo molto più potente di una lettura frammentata com’è quella di un romanzo”. Aggiunge poi il poeta:” e rispetto al romanzo il racconto ha un vantaggio immenso e una superiorità del tutto particolare, quella dell’unità di impressione e dell’intensità dell’effetto”.
E di questo la stessa scrittrice ne è consapevole quando scrive: “il racconto, quello vero, quello puro, può fare solo una cosa: …, seguire il filo a piombo”.
Quando i nostri occhi scorrono sulle righe di queste Storie, la nostra anima riceve la sensazione immediata di una sorta di purezza intrinseca che le sostanzi e quella stessa sia come un’antica fonte di acqua fresca capace di far risvegliare dentro di noi l’amore per la Bellezza.
Quella della scrittrice nata a Kiev nel 1903 e morta Auschwitz nel 1942 fu un’esistenza breve capace tuttavia di lasciare piccoli sassolini lungo il suo cammino per insegnarci a guardare in maniera profonda nel caleidoscopio variegato dell’animo umano.
Patrizia Lazzarin