MICHELANGELO E IL POTERE

Michelangelo e il Potere, la rassegna  visibile da domani a Firenze, al secondo piano di Palazzo Vecchio, tra la Sala delle Udienze e la Sala dei Gigli, si articola attraverso un percorso  di più di cinquanta opere tra sculture, dipinti, disegni, lettere autografe e calchi in gesso. Esse sono state prestate da prestigiose istituzioni e  scelte per illustrare il rapporto di Michelangelo con il potere e la sua capacità di porsi alla pari con i potenti della terra.  La mostra che  ha la  curatela  di Cristina Acidini e Sergio Risaliti, è  promossa dal Comune di Firenze in collaborazione con Fondazione Casa Buonarroti e organizzata dalla Fondazione MUS.E.

Anche le opere d’arte più celebri e i documenti più noti possono esprimere nuovi significati, quando vengono inseriti in un contesto che esalta certi loro aspetti, abitualmente difficili da percepire” ha commentato Cristina Acidini, curatrice della mostra. “È quel che accade con questa mostra … perché la sede stessa di Palazzo Vecchio, dalle origini medievali a oggi sede del potere cittadino, invita a rileggere in questa chiave la vita e le opere di Michelangelo, a partire dal Bruto, che prima ancora d’essere un capolavoro è una dichiarazione di schieramento politico.

 Michelangelo frequentò persone e famiglie di potere fin da ragazzino a Firenze, continuando con papi e sovrani fino all’estrema vecchiaia: una condizione eccezionale per un artista di ogni tempo. Ma Michelangelo e il Potere significa anche altro. Fa ricordare il suo potere, quello di pronunciare opinioni e giudizi anche severi, che venivano seguiti, citati, tramandati. Bastò che definisse “gabbia da grilli” la loggetta sotto la cupola di Brunelleschi, perché subito la costruzione venisse interrotta e il lavoro tolto al povero Baccio d’Agnolo”.

BRONZINO, Cosimo I de Medici c. 1545

“Non c’è stato artista che come Michelangelo abbia avuto nella sua vita rapporti così stretti e così continui con i potenti della terra” ha proseguito Sergio Risaliti, curatore della mostra. “Da Lorenzo il Magnifico a papa Paolo III, da Giulio II, il papa guerriero, a Cosimo I, duca di Firenze che tentò invano di far tornare Michelangelo vivente in città.

… Per la prima volta nella storia entra in queste sale quello che a tutti gli effetti può considerarsi un manifesto politico di rara potenza, immaginato contro i tiranni della terra, il celebre busto in marmo di Bruto, il tirannicida, commissionato al Buonarroti dagli avversari dei Medici fuggiti da Firenze dopo la caduta della Repubblica popolare. Michelangelo non tollerava alcun dispotismo, soprattutto l’uomo solo al comando. Non riconosceva ad altri che a Dio questa centralità, e spese gli ultimi anni della sua lunga carriera a progettare la cupola di San Pietro, in un periodo di crisi del pensiero rinascimentale e del Cattolicesimo, quando l’Europa era tormentata da conflitti sanguinari.

Il celebre busto di Bruto  per la prima volta nella storia esposto a Palazzo Vecchio è il centro dell’esposizione. La collocazione della scultura del Bruto all’interno del palazzo del governo fiorentino si ammanta di un forte significato politico, mettendo a  confronto fra il pensiero politico di Michelangelo e il potere mediceo. Ritratto ideale del tirannicida, si può ritenere un manifesto politico. Il busto fu ispirato all’artista da Donato Giannotti, che era tra i maggiori esponenti di quel partito di esuli fiorentini rimasti fedeli alla repubblica e nemici dei Medici, diventati padroni assoluti di Firenze dopo l’assedio nel 1530.

 Il Bruto sarebbe stato scolpito dopo l’uccisione del duca Alessandro il Moro, pugnalato il 6 gennaio 1537 dal cugino Lorenzino de’ Medici, detto Lorenzaccio, che venne salutato come eroe della Libertas comunale dagli esuli fiorentini; oppure, secondo un’ipotesi alternativa, sarebbe da datarsi dopo l’assassinio di Lorenzaccio avvenuto a Venezia il 26 febbraio 1548 per mano di sicari inviati da Cosimo I.

DA MICHELANGELO BUONARROTI Bacco con satiro 2008

 La scultura del Bruto nasceva come un omaggio da parte del Giannotti al coltissimo cardinale Niccolò Ridolfi, figura di spicco tra i fuorusciti fiorentini e sostenitore di un modello governativo repubblicano di impianto popolare, che aveva esaltato Lorenzino de’Medici quale “novello Bruto”. Lo sguardo fiero del Bruto, uccisore di Cesare, ricorda per fuoco interiore quello del David di piazza Signoria e con quello può aver condiviso, nelle intenzioni dell’artista e dei committenti, la funzione simbolica di difensore della repubblica fiorentina.

L’allestimento in Sala dei Gigli intende ricreare il fitto reticolo di incontri, confronti e scontri che  Michelangelo  ebbe con il potere. Qui si susseguono i ritratti di Girolamo Savonarola, di Fra’ Bartolomeo e di Pier Soderini  oltre a quelli di Cosimo I in armatura di Agnolo Bronzino, di Vittoria Colonna, del Cardinale Reginald Pole in conversazione con Paolo III e quello di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Innocenzo Cibo. La ‘quadreria’ esplica  il magnetismo esercitato da Michelangelo e dalle sue opere, in una rete di connessioni tra l’artista e il potere che è durata per quasi un secolo attraversando la luminosa stagione di Lorenzo il Magnifico, quella ‘piagnona’ di Frate Savonarola, primeggiando nel ‘nuovo mondo’ culturale instaurato dal gonfaloniere Soderini assieme a Machiavelli e Lorenzo di Pier Francesco, detto il Popolano, fino agli anni del doppio pontificato mediceo con Leone X e Clemente VII.

 Questi furono  decenni che misero alla prova il potere della Chiesa di Roma investita dalla Riforma di Lutero, alla quale si reagì con il Concilio di Trento e con la conseguente Controriforma, assoggettando le arti della pittura e della scultura all’ortodossia della dottrina cattolica. In mezzo alle turbolenze dei conflitti religiosi e delle guerre che attraversarono l’Europa, Michelangelo difese in ogni modo la sua libertà di coscienza, rivendicando il potere dell’arte e dell’artista.

Fra Bartolomeo, Ritratto di Girolamo Savonarola, ante 1498

A rappresentare i diversi rapporti di Michelangelo con i potenti sono esposte sono esposti: un disegno raffigurante un Torso di nudo di spalle, studio per la Battaglia di Cascina (che rinvia alla committenza di Pier Soderini, il gonfaloniere che volle il David ai piedi del palazzo del governo), ben quattro Disegni di fortificazioni, eseguiti dall’artista nel periodo dell’assedio di Firenze al servizio della Repubblica e due Disegni progettuali per il complesso di San Lorenzo, uno per la facciata della Basilica e l’altro per la Biblioteca Laurenziana, che narrano invece il suo rapporto con i papi Medici, Leone X e Clemente VII. A questo importantissimo nucleo di disegni si aggiunge la Pianta della Basilica di San Pietro, conservata alle Gallerie degli Uffizi, impresa che tenne occupato Michelangelo per molti anni dal 1546 e fino alla morte nel 1564, in un confronto non sempre facile con ben quattro papi da Paolo III fino a Pio IV.

Di grande suggestione è poi la presentazione di una sorta di gipsoteca dedicata a Michelangelo, con calchi di alcune delle sue opere maggiori,

L’esposizione Michelangelo e il Potere chiude il 26 gennaio 2025.

                                                                    Patrizia Lazzarin