
L’incipit del romanzo Il Vento è un impostore della giornalista e scrittrice di origini ucraine Sasha Vasilyuk, ci proietta nel clima della Stalingrado raccontata nel libro omonimo dallo scrittore russo Vasilij Semënovič Grossman, ai tempi della seconda guerra mondiale, non tanto perché sia ambientato in quel luogo, ma perché il principale protagonista del libro, Efim, di etnia ebraica, possiede nella prima parte, quella grande fede nell’Unione Sovietica come spazio, dove un uomo di buona volontà può costruirsi un futuro degno e, soprattutto, rendere grande la nazione.
L’arco della narrazione è un’ampia ogiva dove dentro si racchiudono i giorni che precedono di poco la seconda guerra mondiale e giungono fino al 2015. Efim, la moglie Nina, i loro figli, nipoti, pronipoti e prima, i loro fratelli e genitori, ma ancora gli amici, i vicini, i compagni in guerra, durante la prigionia, fra le macerie di una Berlino sconfitta, o sul limitare dell’inebriante bosco di Kiev, li sentiamo vicini, compagni di un’esistenza che ci pare di condividere con loro.
Assieme camminiamo sulle foglie cadute a fine ottobre, tra i colori dell’ autunno, sprofondiamo dentro una palude accerchiati dai nemici, siamo felici nelle riunioni di famiglia per festeggiare i compleanni, percepiamo la loro fanciullezza e giovinezza nei ricordi, poi le fragilità e l’energia di queste donne e uomini …
Nel romanzo di Sasha Vasilyuk, odoriamo il profumo e il tepore di un’umanità calda, di cui noi stessi siamo fatti e un sentimento, in particolare, emerge fra le righe con una forza salvifica: l’amicizia, capace in tutta la sua bellezza di rivelare le qualità migliori dell’essere umano. Essa diventa anche una opportunità per la speranza … Oltre le guerre.
La scrittrice ha tratto ispirazione per il suo racconto da una storia familiare realmente accaduta. Nel libro emerge chiara la condanna di una guerra che divide le famiglie di ieri, come di oggi, nei territori ucraini e russi. Un viaggio nel tempo e nei luoghi: Donec’k, Sìlale, Repubblica socialista sovietica lituana, Donbas, Repubblica socialista sovietica lettone, Stalino, Germania, Donec’K, ex Stalino, Repubblica socialista sovietica ucraina, Karow, Crimea, Niegripp, Mosca, Polonia, Berlino … Donec’k, Donec’k, Donec’k molte volte ancora …
Come un serpente che si morde la coda anche i luoghi che sono stati nella seconda guerra mondiale teatro di scontri, di eventi decisivi, di storie di uomini che come Efim volevano vivere, di famiglie che avrebbero voluto ritrovarsi tutti insieme, ritornano attuali anche nelle cronache dei telegiornali dell’ultimo decennio e non solo nel libro di Sasha.
Soldati ucraini, russi, o del Donec’k muoiono ancora … Allora la Pace non solo quella agognata per la crescita delle nazioni, ma anche quella che può albergare nel cuore degli esseri umani, la sentiamo aleggiare come spirito vitale nelle case e nei boschi, nelle città fino a crederla diversamente possibile nei luoghi di sfruttamento.
Efim era stato un Ostarbeiter, un prigioniero catturato che aveva lavorato per i tedeschi come alternativa al campo di concentramento, dove in un primo tempo era stato mandato riuscendo sempre a nascondere il fatto di essere ebreo. Per il regime staliniano gli Ostarbeiter non erano affidabili e molti di essi furono inviati, alla fine della guerra, nei campi di lavoro in Siberia. Tutto questo appare assurdo. Anche il nonno di Sasha era stato catturato ed era diventato Ostarbeiter, nascondendolo per tutta la vita per il bene della famiglia.
La risposta della scrittrice alla domanda: Perché pensa che sia ancora importante raccontare storie ambientate durante la seconda guerra mondiale, illumina il significato del romanzo.
“ Per due ragioni. Innanzitutto la seconda guerra mondiale rimane un importante spartiacque per l’Europa dal momento, che per tutti, è stato il punto più basso con cui ancora oggi ci dobbiamo confrontare e con cui si confrontano i nostri governi. In secondo luogo, il ricordo della guerra è diventato uno strumento importante nell’arsenale della propaganda putiniana che mira a mettere d’accordo tutti i russi contro l’Europa Occidentale per giustificare l’invasione dell’Ucraina. Raccontare storie di guerre che siano vere e che mostrino tutte le sfaccettature del conflitto è un modo, nel suo piccolo, di combattere questi messaggi.”
Patrizia Lazzarin