Dal 14 dicembre 2024 al 23 marzo 2025 la città di Perugia ospiterà presso Palazzo della Penna-Centro perle arti contemporanee la mostra “Dorothea Lange” organizzata dal Comune di Perugia in collaborazione con CAMERA–Centro Italiano per la Fotografia di Torino. La mostra è un primo tassello nel processo di evoluzione del profilo di Palazzo della Penna da Museo civico a “Centro per le Arti Contemporanee”, come ritrovata fucina in cui poter incoraggiare lo sviluppo di una riflessione e di una ricerca transdisciplinari, che spazino tra le varie forme dell’espressione artistica contemporanea: dalle Arti visive alla Letteratura, dalla Musica al Teatro, dalla Fotografia alle Nuove Tecnologie.
Si inizia dunque con un focus su Dorothea Lange, autrice di Migrant Mother (1936), una delle fotografie più celebri del secolo scorso, e protagonista indiscussa della fotografia documentaria del Novecento. Curata da Walter Guadagnini e Monica Poggi, la rassegna si compone di oltre 130 scatti che raccontano dieci anni di lavoro fondamentali nel percorso di questa straordinaria autrice. Il percorso espositivo si concentra sugli anni Trenta e Quaranta, periodo nel quale documenta gli eventi epocali che hanno modificato l’assetto economico e sociale degli Stati Uniti.
All’inizio degli anni Trenta, la visione di una folla che aspetta per ottenere un po’ di cibo e del lavoro, convince Dorothea Lange a uscire dal suo studio per dedicarsi interamente alla documentazione dell’attualità. Così la fotografa abbandona il mestiere di ritrattista per diventare la narratrice delle conseguenze della crisi economica successiva al crollo di Wall Street.
Nel 1935 parte per un lungo viaggio con l’economista Paul S. Taylor, che sposerà alcuni anni dopo, per raccontare le drammatiche condizioni di vita in cui versano i lavoratori del settore agricolo delle aree centrali del Paese, colpito dal 1931 al 1939 cda una dura siccità. Il fenomeno delle Dust Bowl, ripetute tempeste di sabbia, rende impossibile la vita di migliaia di famiglie costringendole a migrare, come racconta anche John Steinbeck nel romanzo Furore del 1939, seguito nel 1940 dal film di John Ford ispirato anche dalle fotografie di Lange.
Il lavoro documentario della fotografa fa parte del programma governativo di documentazione Farm Security Administration, nato con lo scopo di promuovere le politiche del New Deal, e permette a Lange di sperimentare e di raccontare al suo Paese e al mondo i luoghi e i volti di una tragedia della povertà. Dalle piantagioni di piselli della California a quelle di cotone degli Stati del Sud, dove la segregazione razziale porta a forme di sfruttamento ancor più degradanti, Lange realizza migliaia di scatti, raccogliendo storie e racconti riportati nelle dettagliate didascalie che le accompagnano.
È in questo contesto che realizza Migrant Mother, il ritratto iconico di una giovane madre disperata che vive con i sette figli in un accampamento di tende e auto dismesse. Questo lavoro termina con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che per gli Stati Uniti comincia nel 1941, con il bombardamento giapponese di Pearl Harbor. Proprio alla popolazione americana di origine giapponese è dedicato il secondo grande ciclo di immagini esposto in mostra.
Dopo la dichiarazione di guerra, infatti, il governo americano decide di internare in campi di prigionia la comunità nativa giapponese negli Stati Uniti, assumendo vari fotografi per documentare l’accaduto. Anche in questo caso Lange lavora su incarico del governo, nonostante lei e il marito abbiano espresso pubblicamente il proprio dissenso.
I suoi scatti documentano l’assurdità di una legge razziale e discriminatoria e di come questa abbia stravolto la vita di migliaia di persone ben inserite nella società, costringendole ad abbandonare le proprie case e le proprie attività. Lange, eccelsa ritrattista, riesce ancora una volta a raccontare il vissuto emotivo delle persone che incontra, sottolineando come le scelte politiche e le condizioni ambientali si ripercuotano sulla vita dei singoli. Crisi climatica, migrazioni, discriminazioni: a quasi un secolo dalla realizzazione di queste immagini, i temi trattati da Dorothea Lange sono di assoluta attualità e forniscono spunti di riflessione e occasioni di dibattito sul presente, oltre a evidenziare una tappa imprescindibile della storia della fotografia del Novecento.
Il vicesindaco con delega alla cultura Marco Pierini ha detto: “Colei che è considerata la madre della fotografia sociale americana, con stile unico ed emozionante, ci porta nel cuore dei risvolti socio-economici della Grande Depressione, a contatto con drammi e miserie umane trattati sempre con empatia e sincerità attraverso immagini diventate simbolo di un’epoca. La serie realizzata a metà degli anni Trenta sull’emigrazione dei lavoratori dell’agricoltura californiani, in particolare, rappresenta un corpus straordinario in grado di documentare con efficacia fatti e condizioni e di fissare, allo stesso tempo, moti dell’animo che parlano ancora oggi alla nostra coscienza. Crediamo che questa iniziativa possa contribuire a posizionare al meglio il capoluogo umbro nel panorama italiano delle grandi mostre”.
“La sfida è stata uscire dal tracciato più classico andando anche oltre immagini iconiche come Migrant Mother”, ha ricordato la curatrice Monica Poggi. Ci siamo concentrati su dieci anni particolarmente intensi in cui Lange ha lavorato per il governo Usa allo scopo di documentare le condizioni dei migranti della grande crisi economica e ambientale.
Patrizia Lazzarin