
I cartoni del ciclo La Vita di Urbano VIII tornano protagonisti nella loro sede originaria. Per la prima volta, dopo decenni ed in seguito ad uno straordinario intervento di restauro da parte del Laboratorio delle Gallerie Nazionali, i cartoni preparatori sono riproposti nel contesto per cui verosimilmente furono concepiti gli arazzi raffiguranti La Vita di Urbano VIII, offrendo al pubblico l’opportunità unica di ammirarli in dialogo con il celebre affresco del soffitto, il Trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona (1632–1639).
Una restituzione filologica che ricostruisce la funzione originaria del salone come luogo di rappresentanza e celebrazione della dinastia Barberini.
Le Gallerie Nazionali di Arte Antica con il riallestimento del Salone Pietro da Cortona di Palazzo Barberini, uno dei luoghi simbolo del barocco romano, tornano così a risplendere grazie a questi capolavori assoluti della pittura seicentesca.

Nel XVII secolo, possedere una propria arazzeria significava per una famiglia nobile un’affermazione di potere e di prestigio senza eguali. Fu il Cardinal Francesco Barberini (1597–1679), nipote di papa Urbano VIII, a fondare nel 1627 la Manifattura Barberini, uno dei più ambiziosi progetti artistici del tempo.
Il pretesto fu un dono diplomatico di enorme valore: sette arazzi realizzati su disegni di Rubens, ricevuti dal re di Francia Luigi XIII. Da lì nacque l’idea di completare la serie con nuovi arazzi celebrativi, commissionati direttamente agli artisti di corte e tessuti nella neonata fabbrica romana.
Il ciclo de La Vita di Urbano VIII rappresenta il vertice della produzione dell’arazzeria Barberini: un progetto monumentale in cui biografia e allegoria si intrecciano nella glorificazione del pontefice e della sua famiglia.
I cartoni preparatori, affidati alla cerchia di Pietro da Cortona, erano vere e proprie opere d’arte a grandezza naturale, concepite per essere trasformate in tessuto tramite la complessa tecnica del “bassoliccio”. Contrariamente a quanto accadeva spesso, i Barberini scelsero di conservare questi modelli, consapevoli del loro valore artistico e propagandistico, esponendoli nelle sale del proprio palazzo per oltre tre secoli.
Patrizia Lazzarin