
Le emozioni racchiuse in quegli scatti fanno ritmicamente vacillare i nostri pensieri e mentre osserviamo le immagini sentiamo di essere umani, legati alla trasparenza e alla fragilità del nostro destino, simili a calici di vetro con cui brindare alla bellezza della vita che fugge fra i sentieri del mondo. Scene catturate fra un prima e un dopo che non può essere in ritardo perché quell’attimo costruisce, a volte un significato umano, altre bestiale.
Si apre al pubblico, domani 30 agosto, la mostra L’orizzonte degli eventi di Paolo Pellegrin a Le Stanze della Fotografia. Nato a Roma nel 1964 e membro dell’agenzia Magnum dal 2005, il fotografo sa distinguersi per l’umanità del suo sguardo, caratteristica che ha reso particolari i suoi lavori e che gli ha permesso di cogliere la verità delle emozioni e del sentimento dei protagonisti ritratti.
L’esposizione promossa da Marsilio Arte e da Studio Pellegrin, assieme alla Fondazione Giorgio Cini, è curata da Denis Curti e Annalisa D’Angelo ed è realizzata in collaborazione con Magnum Photos.
Sono trecento scatti fatti in quasi trent’anni, dal 1995 al 2023 e grazie ad essi noi possiamo entrare nell’universo del fotografo. Un viaggio in luoghi spesso di guerra, nei territori oggetto di contesa, sui volti di donne e bambini che trasmettono la spensieratezza e la gioia del vivere quotidiano oppure la fatica di un dolore incontenibile.
In una delle foto che aprono anche il percorso della mostra facciamo la conoscenza di Angelina, una bambina di etnia rom che Paolo Pellegrin ha modo di “scoprire” durante l’esecuzione di alcuni lavori nella capitale romana. Qui la osserviamo mentre impegnata in un gioco, si bilancia su un ingresso inconsueto di un edificio apparentemente disabitato. Sulle ombre grigie dei muri spicca la sua figurina bianca che si gonfia nella veste mentre la vediamo pronta a spiccare un salto oltre l’immagine visibile, dentro uno spazio scuro. Le braccia e la testolina proiettate in avanti sembrano spingerci con lei dentro un buco nero, per vedere altro …

Le parole della curatrice della rassegna, Annalisa D’Angelo, ci introducono nel mondo sapienziale del fotografo e spiegano insieme, il significato del titolo della rassegna: L’orizzonte degli eventi.
“È la prima immagine che vediamo in mostra, il primo contatto con l’orizzonte degli eventi. Oltre quella porta, buia e simbolica, ci immergiamo nei diversi mondi che Pellegrin ha raggiunto nelle tante storie che ha raccontato nel corso del suo lavoro. L’“orizzonte degli eventi”, in fisica, è la zona teorica che circonda un buco nero, un confine oltre il quale anche la luce perde la sua capacità di fuga; attraversato questo confine, un corpo non può più andarsene e scompare del tutto dalla nostra vista.
L’espressione “orizzonte degli eventi” si riferisce quindi all’impossibilità di assistere a un qualsiasi avvenimento che si svolge oltre quel confine. L’orizzonte segna il punto oltre il quale non si può più vedere, così come la porta di Angelina. Spesso quando non vediamo qualcosa tendiamo a credere che non esista più. Al di là dell’orizzonte degli eventi non è così: il corpo esiste ancora, semplicemente non ne conosciamo l’avvenire.
L’esposizione narra la storia creativa di Pellegrin dalle stampe vintage delle sue prime fotografie nel finire degli anni ’90, fino all’ultimo progetto che l’ha condotto in Ucraina cinque volte dall’inizio del conflitto.
Natura e storia si legano per restituirci un universo tangibile nelle sue sfumature di forza e di dolore.
Ogni evento viene visto e raccontato da tutti i punti di vista disponibili. Questo modo di procedere è a lui peculiare come racconta ancora la curatrice:
