
Il libro, pubblicato in questi giorni, dello scrittore e traduttore Gianni Rizzoni, inventore dell’Agenda Letteraria e dell’Agenda Dante Alighieri, ci conduce alla scoperta degli aspetti meno noti della vita di Alessandro Manzoni di cui quest’anno ricorrono i centocinquant’anni dalla sua morte. I racconti contenuti nel testo, indipendenti l’uno dall’altro, ma idealmente collegati, vogliono accompagnare il lettore alla scoperta dell’altro Manzoni che è rimasto quasi nascosto dalla fama del Romanzo e dal peso della tradizione scolastica.
L’anno 1821 è cruciale e il più creativo nella carriera letteraria dell’autore. Completa il dramma Adelchi, inizia I Promessi Sposi e crea d’impeto due immortali poesie, Marzo 1821 e Il cinque maggio. Quest’ultima ode sulla morte di Napoleone lo renderà in pochi mesi famoso in tutto il mondo e gli farà correre seri pericoli poiché per oltre vent’anni sarà considerata in modo critico dalla censura austriaca. Della sua valutazione si occuperà personalmente persino il potente cancelliere Metternich.
Quando nel 1821 comincia a scrivere Fermo e Lucia che diventerà poi I Promessi Sposi, Manzoni ha già trentasei anni e una vita dai tratti romanzeschi alle spalle. Una nascita dalla paternità dubbia, una madre di stirpe illustre che lo ignora e che presto si separa dall’anziano marito e va a vivere a Parigi, sono le vicende che determinano il suo iniziale percorso di vita. Per il futuro scrittore sono lunghi anni di solitudine vissuti in collegi religiosi con le sole consolazioni degli amici che gli resteranno fedeli per tutta la vita e una nascente vena poetica. Intanto il mondo intorno a lui si trasforma in seguito alla scoppio della Rivoluzione francese e poi per l’arrivo di Napoleone Bonaparte. Nuovi capovolgimenti si susseguono: Napoleone è sconfitto a Waterloo, tornano gli austriaci e arriva la Restaurazione.
Quando esce dal collegio, il giovane Alessandro scopre la libertà, il gioco, una certa dissipazione e gli amori giovanili. Ritrova in seguito la madre a Parigi e, grazie a lei, entra nel giro degli ideologues, i filosofi liberali contrari a Napoleone: un mondo nel quale egli si trova a proprio agio e nel quale matura la vocazione di studioso e di scrittore.
Tuttavia all’inizio dell’Ottocento con la letteratura non si poteva vivere. Diventa proprietario terriero e fattore con l’idea di innovare l’agricoltura italiana, in particolare la viticultura. Sposa, con rito calvinista, una giovanissima fanciulla di origine svizzera e borghese, Enrichetta Blondel e improvvisamente ritrova la fede cattolica, assieme alla moglie. In pochi anni diventa padre di cinque figli, numero che sarà poi destinato salire a nove. La sua casa di via Morone, a Milano, e la villa di campagna a Brusuglio, con il grande parco dove Manzoni può esercitare la sua passione di giardiniere e di botanico, diventano una sorta di piccolo regno frequentato da una corte eletta di amici, una sorta di laboratorio culturale e letterario.
Facciamo un breve excursus dentro il libro.
Nel primo capitolo Benvenuti a Casa Manzoni, facciamo la conoscenza del “Luogo sacro” con le memorie d’infanzia, le riflessioni e alcuni documenti sul collegio e gli studi del giovane Alessandro.
Nel successivo Innupta ci sono le avventure amorose, le amicizie e i dolori del giovane scrittore e si scoprono anche i riferimenti al segreto di Lucia Mondella.
L’orto di Renzo, nel terzo capitolo, ci racconta di quel curioso fattore milanese dell’Ottocento e descrive l’orto abbandonato da Renzo Tramaglino in fuga.
Il libro si conclude con Il cinque maggio, dove lo studioso Gianni Rizzoni spiega la genesi dell’ode in morte di Napoleone Bonaparte e come essa venne perseguitata dalla censura austriaca. Qui troviamo anche le principali traduzioni del Cinque maggio.
Patrizia Lazzarin