Nel caldo umido della notte i canali traboccano di gondole infiocchettate e peote accompagnate dall’eco delle loro canzoni … Quando si incrociano, le mani e le guance incipriate salutano con smorfie languide. Il plenilunio di agosto non poteva essere migliore. Sono bastate poche righe, nel primo capitolo del libro Calle Longa 1736, Ritratto di Giulia Lama, pitora veneziana, opera della scrittrice Patrizia Castagnoli, per ritrovarci nell’atmosfera di una Venezia della prima metà del Settecento.
Le canzoni che ci par quasi di sentire provenire dalle imbarcazioni che riuniscono sulla superficie lagunare, il popolo e i nobili, i cui cognomi si tramandano nella Storia, ci riportano alla vita e al sentire dell’epoca di cui assaporiamo ancora il gusto della naturalezza e del “capriccio”. Si scoprono “altarini” dietro la festa, emozioni d’amore cercate e, non celate abbastanza per passare inosservate.
I dialoghi in lingua veneziana fanno rivivere la commedia umana. E in questo chiacchierare comprendiamo la vita della città, nel suo scorrere lento e a volte vivace come l’acqua fra le terre e i canali. Voci che paiono emergere talvolta scoppiettanti come i mortaretti che illuminano da sempre Venezia nelle grandi feste.
Fra le calli e i palazzi scopriremo Giulia Lama, fra le “note” di una città e gli umori di un popolo che hanno poggiato lo spartito dove la pittrice ha usato il suo pennello per tratteggiare, con convinzione, il suo “discorso sull’arte”. Giulia Lama fu un’artista ricca di talento, figlia di un pittore e amica di Giambattista Piazzetta, uno dei maggiori esponenti della corrente patetico chiaroscurale caratterizzata da forti contrasti di luce e da un’intensa drammaticità delle figure.
Giulia, fatto inconsueto per un’artista donna del suo tempo, disegnò i suoi nudi da modelli reali poiché non è immaginabile che essi siano copie da album di altri colleghi, proprio per la loro capacità di espressione, forza e realismo. A differenza della maggior parte delle pittrici operanti a Venezia essa si dedico alla realizzazione di grandi pale d’altare. Nei quadri di carattere storico e sacro, dove si dispiegano azioni e movimenti, un artista deve misurarsi e avere conoscenza necessariamente dell’anatomia umana per dipingere figure plausibili.
Inizia con lei una rivoluzione culturale che le costerà molto. Nel romanzo di Patrizia Castagnoli comprendiamo quali potevano essere le fatiche e i dolori che Giulia ha dovuto soffrire nella sua Venezia, dove seppur relativamente libere, le donne rimanevano all’ombra di padri e mariti. Le pagine del suo diario che si distinguono, anche nel carattere grafico scelto, dal resto della narrazione, contengono quelli che potrebbero essere i suoi pensieri. La sua vita si legge quindi lungo il duplice percorso del racconto intimo e di quello vivace e a volte un po’ malinconico della quotidianità.
Scopriamo fra le righe del libro non solo le donne che usavano pennelli e colori, come Rosalba Carriera e Elisabetta Lazzarini, fra quelle più note, ma anche le letterate come Luisa Bergalli, le musiciste e le cantanti. Nel romanzo si rivela poi il maturare della consapevolezza, fra i suoi abitanti, che Venezia sta cominciando a declinare come un sole serale, ma al tempo stesso, non possiamo non ammirare quelle che sono le buone abitudini dei veneziani, come l’andare a teatro. Si delinea un ritratto di un luogo e di un tempo.
Giulia Lama durante la sua vita ha scritto anche poesie ed era ricamatrice, professione che le permetteva di guadagnare dei buoni soldini. Il lavoro di ricamo garantiva a molte donne nella città lagunare di far fronte al proprio mantenimento o a quella della famiglia, soprattutto se veniva a mancare il marito.
L’oblio tuttavia ha spesso steso sulla storia delle artiste una coltre di polvere e Giulia Lama ha patito sicuramente di questo male.
Ora il merito di Castagnoli è anche quello di scrivere su una pittrice che negli ultimi anni fortunatamente si sta riscoprendo, contribuendo anch’essa alla costruzione di un pantheon femminile accanto ad uno maschile, dove ritrovare il valore e i meriti del passato.
Di Giulia Lama sappiamo che non si mosse da Venezia. Nelle chiese veneziane ci sono alcune delle sue pale d’altare, come I quattro Evangelisti nella chiesa di San Marziale, l’Assunzione della Vergine nella Chiesa di Santa Maria Assunta a Malamocco, Cristo Crocifisso e gli Apostoli nella Chiesa di San Vidal e la Vergine con il Bambino, San Pietro, S. Magno Vescovo e la personificazione di Venezia nella Chiesa di Santa Maria Formosa, non molto distante da Calle Longa, dove ella abitava. Ancora in altri musei veneziani, italiani o stranieri troviamo opere fra quelle note dell’artista.
Fra quelle citate, alcune sono in restauro nell’ambito del progetto Women Artists of Venice e si attende di rivederle presto nella loro originaria bellezza.
Castagnoli ha pubblicato oltre a questo libro con l’Editrice Luciana Tufani, anche Oltre. Sulle tracce di Ernesta Oltremonti, pittrice e, con Il Ponte Vecchio, un altro testo di tema storico- artistico: La schiena di Venere, racconti su pittrici e pittori del passato. Ha anche redatto il catalogo della mostra Gabriella e le altre, su alcune pittrici dimenticate del primo ‘900 e ha contribuito alla redazione del catalogo Il Gusto della Visione, artiste contemporanee alla EXPO 2016.
Patrizia Lazzarin