Nella luminosa scenografia che rammentava nei colori la pittura pompeiana e, nell’intimità che si arricchiva della bellezza di essere ambientata in un edificio storico del Settecento, è andata in scena ieri sera, al Teatro Accademico di Castelfranco, la “facetissima” Commedia dell’Arte: La Mandragola, opera di Nicolò Machiavelli, interpretata in maniera nuova dalla Compagnia Stivalaccio Teatro.
In questa rilettura del testo dello scrittore toscano, autore anche del saggio di dottrina politica, “Il Principe”, i colori dell’Italia nella sua varietà e nelle sue tonalità, consegnateci dai dialetti locali come il fiorentino, il napoletano e il veneziano, sono diventati un mezzo per farci ridere e sorridere. E alla fine lo possiamo anche dire, divertirci della complessità della natura umana, di quella stessa pasta capace di creare così tanti esseri incredibili, quali siamo ognuno di noi.
Nicia (Elia Zanella), non più giovane mercante veneziano vuole un figlio da Lucrezia, la giovane, bella e fedele moglie fiorentina, interpretata da Elisabetta Raimondi Lucchetti in alternanza con Francesca Boldrin e, nella città di Firenze, suo malgrado, si è dovuto trasferire mantenendo il rimpianto per la sua città d’origine.
La commedia si apre a Parigi, dove Ligurio (Pierdomenico Simone) è andato su commissione di Nicia per cercare un rimedio per poter ingravidare la moglie che, dopo tanti tentativi non riesce ancora a dargli un erede. Qui il servo Ligurio conosce Callimaco (Francesco Lunardi), un bel giovane, anche un po’ sbruffone che lo sfida a mostrargli la tanto rinomata bellezza di Lucrezia, durante una discussione sulle più belle donne esistenti intercorsa, anche a suon di randellate, con alcuni francesi.
La “maschera napoletana” fa così il suo ingresso rivelandosi assieme a Fiammetta (Daniela Piccolo), cameriera di Lucrezia, la voce e il gesto capace di svelare l’ipocrisia della società del tempo in cui si scopriva una Chiesa che chiudeva gli occhi quando avrebbe dovuto tenerli ben aperti oppure si mostrava troppo “accomodante”.
Fiammetta sembra far toccar con mano la carnalità e la vitalità a Lucrezia che crede o sogna un amore “altro”. E quell’amore “immaginato” diventerà veramente il suo amante grazie soprattutto a Ligurio che apparentemente scemo, sa invece destreggiarsi nelle difficoltà della vita, cogliendone come Fiammetta i sapori boccacceschi.
Dentro una narrazione che a volte sembrava recuperare i toni della commedia antica nello scorrere dei personaggi sul palco come lungo il corteo di una festa con canti e musiche, coglievamo il ritmo allegro e spensierato dell’esistenza umana. E la mandragola … erba misteriosa, per i creduloni come Nicia, si racconta sia capace di rendere fertili …
La rappresentazione scenica con la regia e il canovaccio di Michele Mori ha visto anche la “sperimentazione” del primo tentativo di Leonardo da Vinci di inventare una macchina volante: un ornitottero. Quello strano strumento, che all’inizio del Cinquecento condurrà in poco tempo Callimaco e Ligurio da Parigi e Firenze.
La commedia che ha la scenografia di Alvise Romanzini, le maschere di Stefano Perocco di Meduna e di Tullia Dalle Carbonare e i costumi Licia Lucchese, unisce il registro popolare a quello più colto. Lo sentiamo nelle risposte di Callimaco che citano a memoria e ad effetto il poema di Dante per confondere “il povero Nicia”. Callimaco laureato alla Sorbona in letteratura e che abbiamo conosciuto spadaccino fanfarone all’inizio, si trasformerà catturato dal fascino di Lucrezia, in un romanticone inerme.
Patrizia Lazzarin