SACHAROV: I DIRITTI UMANI NEL CUORE D’EUROPA

Il valore  della libertà dell’uomo è un bene irrinunciabile e la mostra  che si è aperta il 2 marzo presso il Milano Luiss Hub, dal titolo  SACHAROV: I DIRITTI UMANI NEL CUORE D’EUROPA,  è finalizzata a farlo emergere. Lo scorso anno, nel centenario della nascita di Sacharov, in molte città russe ed europee, storici, attivisti ed associazioni hanno voluto ribadire l’importanza del  messaggio di una personalità che ha saputo  denunciare con forza i rischi della proliferazione nucleare e si è battuta a favore della difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

L’esposizione promossa dal Memorial France con la città di Parigi e che ha avuto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo mira a  far conoscere meglio la vita e l’opera di  quest’uomo che è diventato emblema di determinazione e di coraggio  spesi per i giusti ideali. Fisico nucleare e premio Nobel per la pace nel 1975, egli dà il nome al “Premio Sacharov per la liberta di pensiero”che viene consegnato dal 1988 ogni anno dal Parlamento Europeo a persone od organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani. L’impegno politico di Sacharov rimane attuale ancora oggi e la mostra fa risaltare una coscienza che seppe guardare oltre. Egli pagò il suo impegno  per una maggiore democratizzazione del paese con l’esilio forzato dal quale sarà richiamato da Michail Gorbačëv nel 1986. Fra le sue azioni si comprendono la lotta nel 1966 contro il rischio della rinascita dello stalinismo, la denuncia nel 1968 dell’invasione della Cecoslovacchia, la richiesta dell’abolizione della pena di morte e la difesa dei Tatari di Crimea. Scriverà: “Sono convinto che la difesa dei diritti umani sia l’unica base che può unire le persone a prescindere da nazionalità, credo politico, religione e posizione sociale”. La sua protesta contro l’intervento in Afghanistan provocherà il suo esilio forzato a Gor’kij, l’attuale Nižnij Novgorod.

Sacharov è stato il primo presidente di Memorial, un’organizzazione non governativa con sede  governativa a Mosca, che ha come obiettivo il ricordo di quanti sono stati vittime delle repressioni sovietiche ed opera per la difesa dei diritti umani in Russia, nelle repubbliche ex sovietiche e nell’ex blocco orientale. Vuole anche stimolare la riflessione pubblica sulla violenza esercitata dalle istituzioni nei regimi autoritari.

La seconda parte della mostra fa focus invece sugli altri protagonisti della difesa dei diritti umani premiati in questi anni. Anatoly  Marchenko, un dissidente sovietico, morto in carcere dopo uno sciopero della fame lungo tre mesi, fu il primo a ricevere, postumo,  il Premio Sacharov nel 1988. Nel 1993  fu assegnato a Oslobođenje, un quotidiano di Sarajevo, il cui nome significa liberazione in lingua bosniaca, e durante l’assedio di Sarajevo diventa per molti un’ancora di salvezza. Lavorano insieme redattori bosniaci, serbi di Bosnia e croati di Bosnia, durante tutta la guerra, dimostrando che etnie diverse possono convivere e quando i fattorini temono per la loro incolumità, consegnano essi stessi i giornali. Dopo che i  700 chioschi  della rete di Oslobođenje vengono distrutti, spediscono  gli articoli ritagliati via fax. Nel 1998 il premio sarà consegnato a Ibrahim Rugova, considerato il padre della nazione kosovara, anche  scrittore, accademico ed uomo politico. Fra gli ultimi premi ricevuti quello del 2020 all’Opposizione democratica in Bielorussia e lo scorso anno, a Aleksej Anatol’evič Naval’nyj, un politico russo, attivista anti-corruzione e principale oppositore politico del presidente russo Vladimir Putin. L’esposizione  chiuderà il 16 marzo.

                                                                               Patrizia Lazzarin