I PITTORI DI POMPEI … a BOLOGNA

Casa Meleagro

Si coglie nella rassegna  che sarà visibile  a Bologna, nel Museo Civico Archeologico dal 23 settembre, l’eco di una storia millenaria: l’immagine dell’antica civiltà romana letta nel racconto dipinto sulle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana e assaporata quasi nel suo  umore attraverso “frammenti di vita”,  ricchi di colore delle splendide città campane, sepolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Essa sembra essere una delle rassegne più rilevanti della stagione autunnale e intorno ad essa,  fin dal suo annuncio, si è creata una grande aspettativa. Un fascino che ritrova le sue origini nella metà del Settecento, quando alla notizia dei primi occasionali ritrovamenti delle città rivestite dalla lava e così preservate dallo scorrere del tempo, accorsero artisti e letterati da tutta Europa.

Fra essi si possono ricordare lo scrittore Goethe e sei anni prima, nel 1780, lo scultore Antonio Canova, quando erano già state scoperte la casa dei Vettii, degli Amorini e la villa dei Misteri. Carlo di Borbone, salito sul trono di Napoli nel 1734, riunì parte dei reperti rinvenuti all’interno della reggia di Portici, l’Herculanense Museum. Questi poi confluirono nel Real Museo Borbonico istituito nel 1816, diventato nel 1860, con l’Unità d’Italia Museo Nazionale. L’esposizione che nasce dalla collaborazione culturale e scientifica tra il Comune e il  Museo Civico Archeologico di Bologna  e il Museo Archeologico di Napoli ha reso possibile per la prima volta la presenza nella città turrita di 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione dell’istituzione partenopea, dove è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità del mondo. I pezzi  provenivano in origine da quelle domus famose per lo splendore delle decorazioni, da cui spesso prendono il nome. Tra esse ammireremo capolavori della domus del Poeta Tragico, dell’Amore punito e delle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale e dei Papiri ad Ercolano.

Dentro la mostra faremmo la conoscenza di interi ambienti pompeiani con la ricostruzione della Casa di Giasone e quella di Meleagro con i grandi affreschi con rilievi a stucco che rivelano il modo di intendere la decorazione dei pictores e dei loro committenti. “Nel tempo degli antichi Greci,  come spiega il curatore Mario Grimaldi, riportando le parole di  Plinio il Vecchio, contenute nel  trentacinquesimo libro della sua Historia Naturalis, l’attività artistica dei pittori era rivolta verso gli edifici cittadini. Essi non abbellivano le pareti solo per i signori e i padroni. Il pittore era considerato proprietà dell’universo”. Agli occhi dei Greci non era tra i marmi, i bronzi e gli ori la suprema bellezza: dei grandi eventi dell’arte fu la pittura l’inganno splendido, l’artificio per la perfetta realizzazione dell’immaginario, dove l’irreale e il tangibile si confondevano … come scrisse l’archeologo Paolo Moreno che egli ancora ricorda.

Filosofo e Personificazioni

Nella società romana delle origini l’arte del dipingere ebbe da subito valore, ma il rapporto tra pittura e l’alta società patrizia si modificò  con il passare del tempo fino  a relegare tale attività a liberti, schiavi, donne e persone non adatte alla vita militare e politica. Fatto non consueto per chi visita l’esposizione è riconoscere fra i soggetti degli affreschi anche donne occupate nell’arte di dipingere.  Il Mito è spesso il protagonista delle pitture parietali e il pittore riceve ispirazione dal vasto repertorio teatrale greco, ma anche  dai racconti tratti dalla mitologia romana. Si narrano le storie di amori felici e infelici e le vittorie e le sconfitte di eroi e divinità.  Esse  decorano gli spazi del quotidiano. La vicenda di Pero e Micone ci restituisce iconografie legate al mondo romano. La storia della figlia che allatta i padre incarcerato e condannato alla morte per fame esemplifica la celebrazione del sentimento di pietas che viene valorizzato nella cultura romana  con la costruzione del Tempio della Pietas non solo nella capitale, ma  in altre città dell’impero.

Sono frequenti le nature morte con frutta locale ed esotica, ma anche con animali da cortile e selvaggina o gli strumenti dello scrivere, come gli stili o le tavolette cerate. Esse sono dette Xenia che significa doni ospitali. Molte pitture restituite dalle domus delle città vesuviane narrano scene di spettacoli teatrali, tragedie o commedie,  sono raffigurazioni di maschere oppure rappresentano momenti della vita degli attori dietro le quinte o durante le prove. Il percorso della rassegna illustra poi come i pictores eseguivano i loro affreschi, le  tecniche e colori usati . E  grazie ai colori possiamo  risalire ai prezzi  che misuravano il costo della vita. Quali erano i colori più pregiati e quelli meno costosi? Il blu egiziano era un pigmento artificiale, costituito da silicato di calce e rame e veniva venduto a seconda dei tipi dai 128 ai 176 assi per libbra. Le ocra rossa e gialle, a seconda delle varietà,  oscillavano da 6 a 32 assi per libbra. Per fare un confronto nello stesso periodo, ossia nel primo secolo dopo Cristo, come ci riferisce sempre Plinio il Vecchio, un soldato romano guadagnava circa 10 assi al giorno e mezzo litro di vino veniva venduto ad Ercolano dai 2 ai 4.5 assi. L’esposizione, prodotta da MondoMostre,  terminerà il 19 marzo 2023.

                                                                                Patrizia Lazzarin