
Un artista come Giorgio Morandi sintetizza la sua spiritualità o, se preferiamo la sua interiorità, nelle creazioni da lui realizzate che si svelano a chi le guarda come epifanie del sentimento dell’universo che egli sperimenta mentre le osserva. Ancora in modo più profondo, esse si leggono come attraverso una cartina al tornasole, dove si individua, tinto con colori ricavati da sostanze tratte dal bosco e dalla terra, il suo percorso esistenziale indirizzato alla comprensione del reale. Quando noi ci affacceremo all’interno delle sale del piano Nobile di Palazzo Reale a Milano, da oggi fino al 4 febbraio del prossimo anno, avremo l’opportunità di vedere una delle più importanti e complete retrospettive sul pittore bolognese realizzate negli ultimi decenni.
Sono trascorsi più di trent’anni da quando Milano ha dedicato una grande esposizione a Giorgio Morandi per celebrare il rapporto speciale tra la città e l’artista. Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Valdameri, De Angeli, Jesi, Jucker, Boschi Di Stefano e Vismara che furono i primi grandi collezionisti delle sue opere, erano lombardi come lo era anche la Galleria del Milione, con la quale il pittore intrattenne un rapporto privilegiato.
La rassegna nasce su progetto e con la curatela di Maria Cristina Bandera e, per numero e qualità delle opere esposte, diventa una nuova narrazione dell’arte del pittore, considerato uno dei più grandi artisti del Novecento. Vengono spiegati in maniera esaustiva grazie ad una serie di capolavori i due filoni principali della sua produzione: le nature morte (le celeberrime bottiglie) e i paesaggi.
Spesso i giudizi di critici apprezzati hanno messo in luce il senso di poesia che si ricava posando lo sguardo sui suoi lavori e quel nitore che nasce da una ricerca di assoluto. Essi infatti si caratterizzano per un’intensità espressiva che si risolve nella scelta di moduli linguistici essenziali nella forma, alla stessa misura di poeti come Montale e Ungaretti. La dignità dell’uomo che egli ricerca come il filosofo francese Blaise Pascal all’interno di se stesso, ossia all’interno dell’animo umano, facendo coincidere vita e arte, si prolunga fino restituirci un’opera dove il tempo e lo spazio toccano la soglia dell’infinito.

L’indagine fa tesoro dell’arte del passato e contemporanea che egli rielabora sulla sua particolare visione dell’universo. Il suo mondo riemerge quindi come evocato e diventa, come dicevamo sopra, epifania. Come ha scritto lo studioso tedesco Werner Haftmann che lo aveva conosciuto, Morandi trasponeva quella realtà che egli aveva studiato con tanta cura, nella visualità del quadro, nella “seconda” più comprensiva realtà.
“Bandito ogni racconto, azzerata ogni descrizione, l’artista procede per passi minimi e meditatissimi alla definizione della sua personale immagine, con un lavoro continuo di scavo, all’interno della singola opera e di dipinto in dipinto,… tanto da edificare il suo mondo rarefatto e lirico, … segnato da scansioni musicali, improvvise accensioni cromatiche, vibrazioni di materia che si addensa e si stempera a render più sottile il gioco dell’illusione visiva”.
Un corpus di circa 120 opere ripercorre così i cinquant’anni di attività, dal 1913 al 1963, dell’artista, grazie ai prestiti eccezionali di importanti istituzioni pubbliche e di prestigiose collezioni private. Il percorso espositivo segue un criterio cronologico con accostamenti che danno ragione della sua evoluzione stilistica. Si suddivide in 34 sezioni che documentano il primo contatto con le avanguardie: tra cézannismo, cubismo e futurismo negli anni 1913-1918; il personale accostamento alla metafisica (1918-1919), il ritorno al reale e alla tradizione (1919-1920) e le sperimentazioni degli anni ’20.
Spazio poi all’incisione e alla conquista della pittura tonale (1928-1929), segue la maturazione di un linguaggio tra senso costruttivo e tonale e la variazione dei temi negli anni ’30 (1932-1939). Negli anni ’40 e negli anni ’50 Morandi si avvia verso una progressiva semplificazione. Infine l’acquerello tra il 1956 e il 1963 e la tensione tra astrazione e realtà degli anni conclusivi (1960-1963), in cui è toccata l’essenza della realtà, la sostanza di una ricerca durata tutta una vita.
L’esposizione è stata promossa dal Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Settore Musei Civici Bologna | Museo Morandi, e realizzata grazie a Gruppo Unipol, main sponsor, e Bper banca, sponsor di mostra.
Patrizia Lazzarin