“Ritrattista, paesaggista, pittore di soggetti religiosi e mitologici, più eloquente di ogni predicatore e più sapiente di ogni archeologo; storico, decoratore incomparabile, animatore delle più vaste superfici e creatore, negli schizzi, delle effusioni più sublimi della pittura pura …” Così il critico francese, Jacques Lassaigne spiegava nel suo saggio del 1961, la personalità straordinaria di Pieter Paul Rubens, figura chiave della pittura europea e in particolare cardine di quella fiamminga, tanto che alcuni suddividono la storia artistica delle Fiandre in ante e post Rubens.
Rubens fu uno degli artisti più prolifici del Barocco. Di lui si conoscono 1500 opere che realizzo in una vita lunga poco più di sessant’anni. Come ci riuscì? Lo scopriremo in autunno, al Museo del Prado di Madrid che possiede la più ampia collezione di opere del pittore fiammingo. Dal 15 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, l’esposizione La bottega di Rubens solleverà i veli sul metodo di lavoro del pittore: dalle tecniche alla suddivisione dei compiti tra il maestro e i suoi numerosi assistenti.
Cavalletti, tele, colori e pennelli metteranno in scena la bottega, insieme a oggetti originali del Seicento, libri e busti antichi scelti per ricordare la collezione d’arte e gli interessi del maestro.
Saranno sicuramente la gioia del dipingere, l’abbandono senza remore alla felicità data dalla pittura che permisero a Rubens di divenire il capostipite di due scuole apparentemente molto diverse. Da lui trassero ispirazione sia la decorazione e la ritrattistica francese del Settecento, sia l’intensità eroica e cromatica di Gericault e Delacroix.
La ricostruzione della bottega di Rubens sarà talmente realistica da restituire le atmosfere di un laboratorio di allora, compresi gli odori come l’essenza di trementina, oggi non più in uso perché pericolosa per la salute e sostituita da profumi innocui.
Vedremo poi un “maestro” esperto di tecniche antiche intento a riprodurre uno dei quadri di Rubens con attenzione filologica alle pratiche pittoriche dell’epoca, grazie a un video che illustrerà le diverse fasi di un lavoro durato mesi. Scopriremo così i segreti della tecnica veneziana che rendendo più rapide alcune procedure pittoriche aveva già permesso a Tiziano di soddisfare numerosi committenti. Conosceremo poi le sostanze utilizzate dai pittori per produrre basi e pigmenti e vedremo prendere forma gradualmente sulla tela il dipinto di Rubens Mercurio e Argo, attualmente conservato presso il Prado.
Grazie al crescente sviluppo economico in Europa, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, re, nobili, e mercanti iniziarono a commissionare agli artisti dipinti sempre più grandi e fastosi per ornare i loro numerosi palazzi. Nel 1638 Filippo IV di Spagna incaricò Rubens di realizzare 120 opere in una sola volta. Da subito il pittore disse che avrebbe potuto consegnarne soltanto la metà, pur avendo alle proprie dipendenze 20 aiutanti, tra cui Antoon van Dyck. Alla fine ne firmò 14. Fu comunque un’impresa.
Fino poco prima, uno solo di quei dipinti avrebbe richiesto anche sei anni di lavoro. La mostra spagnola svelerà come e perché Rubens unendo una potente immaginazione con le migliori innovazioni del suo tempo e una perizia tecnica non comune assieme a una buona capacità organizzativa, sia riuscito a far fronte alle commissioni che gli provenivano dai maggiori poteri dell’epoca: la Chiesa e l’Impero spagnolo.
Patrizia Lazzarin