Con Poesia e Pittura nel Seicento. Giovan Battista Marino e la meravigliosa passione, la mostra in programma dal 19 novembre 2024 al 9 febbraio 2025, insignita della Medaglia del Presidente della Repubblica, la Galleria Borghese esplora con un progetto inedito le connessioni tra poesia e pittura, sacro e profano, letteratura, arte e potere nel primo Seicento.
Seguendo la traccia offerta dai testi di Giovan Battista Marino (1569-1625), la mostra disegna un percorso attraverso la grande arte rinascimentale e barocca, da Tiziano a Tintoretto, da Correggio ai Carracci, da Rubens a Poussin, celebrando il più grande poeta italiano del Seicento e la sua “meravigliosa” passione per la pittura.
A cura di Emilio Russo, Patrizia Tosini e Andrea Zezza, l’esposizione si concentra sulla stagione d’oro del Barocco in pittura e in letteratura, un periodo durante il quale il rapporto tra le due arti trova forse l’espressione più alta nella vita e nelle opere del poeta. Noto per il suo poema Adone (1623), incentrato sulla storia d’amore tra Adone e Venere, Giovan Battista Marino è infatti autore anche de “La Galeria” (1619), una raccolta di 624 componimenti poetici dedicati ad altrettante opere d’arte divise tra Pitture e Sculture, Favole e Historie, realizzata con un gioco di rispecchiamenti e di continua sfida espressiva tra testi poetici e opere d’arte, reali o immaginarie.
La vita e la produzione letteraria di Giovan Battista Marino sono strettamente legate ai maestri e ai capolavori dell’arte figurativa di primo Seicento, con i quali entra in contatto nei circoli intellettuali e nelle corti più importanti dell’epoca, quella di Matteo di Capua a Napoli, di papa Clemente VIII Aldobrandini a Roma, di Giovan Carlo Doria e Giovan Vincenzo Imperiali a Genova, di Carlo Emanuele I a Torino. In questi ambienti, al cospetto di ricche collezioni, il poeta stringe rapporti diretti con artisti come il Cavalier d’Arpino, Bernardo Castello, Caravaggio, Agostino Carracci, Ludovico Cigoli e Palma il Giovane.
Nel 1615, perseguitato dall’Inquisizione, Giovan Battista Marino è costretto a lasciare l’Italia trovando rifugio a Parigi, alla corte di Luigi XIII e Maria de’ Medici, dove rimane fino al 1623: lì conosce Nicolas Poussin, per il quale scrive una di lettera di presentazione che l’artista avrebbe portato con sé al suo arrivo a Roma. Con questo passaggio simbolico l’ultima fase della parabola del poeta si lega al decisivo approdo romano del grande pittore francese.
Con la sua collezione unica di capolavori iniziata dal cardinale Scipione Borghese nei primi decenni del Seicento, la cura delle opere e l’allestimento scenografico prettamente barocco, la Galleria Borghese rappresenta il contesto ideale per rileggere la figura di Giovan Battista Marino poeta e il suo rapporto con le arti figurative, e di come nel Seicento queste ultime abbiano cominciato a influenzarsi vicendevolmente con la produzione letteraria.
Il PERCORSO DI MOSTRA
Articolato in cinque sezioni, il percorso espositivo si apre con alcuni grandi capolavori di Correggio, Tiziano e Tintoretto raccolti nella sezione dal titolo Poesia e pittura nel Seicento. Introduzione a Giovan Battista Marino, con cui lo spettatore viene introdotto al rapporto tra tradizione poetica e tradizione figurativa già nel corso del Cinquecento. Un rapporto che diventa la lente attraverso cui osservare l’arte barocca e di cui Giovan Battista Marino, con i suoi interessi e le sue relazioni trasversali, è stato un rappresentante esemplare.
Nella sezione La Galeria e il dialogo di Giovan Battista Marino con gli artisti, dedicata alla raccolta La Galeria, la mostra ripercorre il rapporto di Giovan Battista Marino con la grande arte del Rinascimento e Barocco, grazie a un serrato confronto tra dipinti, sculture e la loro trasposizione letteraria. Qui sono presenti capolavori di Luca Cambiaso, Tiziano, Palma il Giovane, Pietro Paolo Rubens, Cavalier d’Arpino, Alessandro Turchi e Pietro Bernini, tutti artisti in qualche modo legati alla vita e agli scritti di Giovan Battista Marino.
Nella sezione sulLa Strage degli innocenti, che prende il titolo da uno dei capolavori del poeta, si approfondisce un altro tema affrontato da Giovan Battista Marino a partire dalla tradizione figurativa. L’opera viene pubblicata postuma solo nel 1632, ma all’inizio del secolo il tema biblico era tornato in auge anche in pittura grazie a opere di grande formato realizzate, tra gli altri, da Guido Reni, Giovanni Battista Paggi, Nicolas Poussin e Pietro Testa, che si misurano con la rappresentazione di un orrore capace di generare meraviglia.
La sezione intitolata L’Adone tra sacro e profano raccoglie le opere legate al mito di Adone, giovinetto bellissimo amato da Venere, destinato a una tragica fine e protagonista dell’omonimo poema mariniano, che può essere considerato l’opera simbolo del Seicento italiano, trionfo di una poesia tra sacro e profano costruita per tableaux, come accostamenti di quadri poetici. In questa parte sono raccolti alcuni capolavori di Palma il Giovane, Ippolito Scarsella e Poussin legati al mito, opere che spaziano dagli esiti più sensuali, propri della storia d’amore tra Adone e la dea, a quelli più tragici relativi alla sua morte e al compianto di Venere, in cui entrano in scena anche sottili rimandi a raffigurazioni sacre.
L’ultima sezione della mostra, Commiato. L’apoteosi di Giovan Battista Marino e la scoperta di Nicolas Poussin, rende merito al lascito più significativo della passione artistica di Giovan Battista Marino: l’intuizione della grandezza del giovane Nicolas Poussin. L’incontro tra i due alla corte di Maria de’ Medici a Parigi è la premessa del viaggio di Poussin a Roma e della realizzazione negli anni successivi di alcune opere come il Compianto su Adone morente, il Parnaso e L’ispirazione del poeta, tutte legate con evidenza alla celebrazione della poesia mariniana.
Con Poesia e Pittura nel Seicento. Giovan Battista Marino e la meravigliosa passione la Galleria Borghese invita il pubblico a esplorare l’affascinante intreccio di parole e immagini che ammaliò Giovan Battista Marino, portando a riscoprire l’eredità seminale di un letterato che ha saputo intrecciare la bellezza della poesia e la seduzione dell’arte figurativa. La mostra offre inoltre l’opportunità di riscoprire gli spazi della Pinacoteca appena restaurati dopo un anno di lavori finanziati anche grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Italia Domani.
Con questi fondi Galleria Borghese ha realizzato interventi di rinnovamento e ha sviluppato progetti per migliorare l’accessibilità culturale del museo e della sua collezione. L’aggiornamento dell’illuminazione, delle tappezzerie e dei serramenti ha contribuito tanto a una più efficace conservazione delle opere quanto all’efficientamento energetico. Un percorso di visita rinnovato anche esteticamente dunque, con nuovi colori alle pareti della Pinacoteca, ispirati alle tonalità dei capolavori che ospitano
BIOGRAFIA DI GIOVAN BATTISTA MARINO (1569-1625)
Nasce a Napoli nel 1569. Poco è noto della sua giovinezza, ma sappiamo che si de-dica presto alla poesia e che intorno al 1593 entra a far parte della corte di Matteo di Capua, principe di Conca, dove può ammirare l’imponente quadreria di Matteo, ricca di opere attribuite a Raffaello, Correggio, Tiziano. In questi anni di fine secolo emergono anche i primi episodi di un carattere irregolare: viene per due volte incarcerato, prima nel 1598, poi nel 1600, per accuse che rimangono in parte misteriose. Nel 1600 riesce a fuggire a Roma, dove riesce presto a guadagnare la protezione della famiglia di Melchiorre Crescenzi, chierico di camera di Clemente VIII Aldobrandini.
Si tratta di un passaggio decisivo, perché consente a Marino di entrare in relazione con l’ambiente letterario e con il mondo aristocratico, in particolar modo quello romano. Conosce cardinali, poeti, pittori, tra cui il Cavalier d’Arpino e Caravaggio. Nel 1602 pubblica a Venezia le Rime, ottenendo uno straordinario successo, tanto che poco dopo riesce ad essere ammesso al servizio di Pietro Aldobrandini, cardinal nipote di Clemente VIII. Dopo la morte di Clemente VIII, però, la condizione diventa meno favorevole: Marino è costretto a spostarsi a Ravenna al seguito dell’Aldobrandini.
Cerca presto un’altra sistemazione cortigiana e, nel 1608-1609, si avvicina al duca Carlo Emanuele I di Savoia e alla corte di Torino. Giunto a Torino, il successo ottenuto fa scoppiare la rivalità con il poeta Gasparo Murtola. Lo scontro inizia con uno scambio di sonetti ingiuriosi, ma Murtola, vedendosi sconfitto, decide di eliminare Marino sparandogli per strada. L’attentato fallisce, Murtola viene arrestato e Marino rimane padrone del campo. Nello stesso tempo, però, a Roma è stato aperto un dossier a carico di Marino da parte dell’Inquisizione: l’accusa è quella di aver composto «poesie oscene ed empie».
A testimonianza di un temperamento irrequieto, nell’aprile del 1611 Marino viene di nuovo arrestato, questa volta per ordine del duca Carlo Emanuele, per motivi che restano misteriosi. Rimarrà in prigione per oltre un anno e, particolare eloquente, gli vengono sequestrati tutti i manoscritti. Dopo essere stato liberato, nel 1614 pubblica un’altra raccolta di rime, la Lira, e una lunga opera in prosa, le Dicerie sacre. Quest’ultima, dedicata al papa, doveva attenuare la minaccia dell’Inquisizione, ma l’operazione non riesce e Marino viene più volte convocato a Roma per essere interrogato dagli inquisitori.
Nel 1615, per timore di un arresto, Marino si trasferisce a Parigi, alla corte della regina Maria de’ Medici, e anche qui guadagna rapidamente una posizione di prestigio. A Parigi vive per otto anni, pubblicando alcune opere (e in particolare nel 1619 la Galeria, una raccolta di 624 componimenti, ciascuno pensato come esercizio poetico in rapporto a opere d’arte). Verso la fine del soggiorno francese, nel 1623, si registrano due eventi decisivi: la stampa dell’Adone, il capolavoro del Marino, e l’incontro con il giovane Nicolas Poussin, che riceverà da Marino l’apprezzamento e il sostegno per arrivare a Roma.
Nel 1623 decide di tornare in Italia. Arrivato a Roma, però, si trova di fronte uno scenario sfavorevole: il nuovo papa Urbano VIII Barberini non frena il processo contro Marino che è ancora attivo presso il Sant’Uffizio. Marino è pertanto costretto prima agli arresti domiciliari, poi all’umiliazione di una pubblica abiura nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. Nel 1624 l’Adone viene sospeso dall’Inquisizione. Marino decide di lasciare Roma e parte per Napoli, dove progetta di organizzare una grande casa-museo, nella quale raccogliere i suoi libri e le tante opere d’arte collezionate negli anni. Verso la fine dell’anno si ammala e muore il 26 marzo 1625.
Il racconto di un testimone riporta che, prima di morire, Marino decide di bruciare i propri manoscritti delle opere profane: «Comandò nel testamento che si ardessero tutti i suoi manuscritti, non solo delle cose satiriche e de le lascive, ma di tutte quelle che non fossero sacre»
Patrizia Lazzarin