CANZONI PER CANI GAY

Popolata da animali e personaggi dei cartoni animati, Songs for Gay Dogs è una mostra monografica visibile al Museo di arte moderna a Lussemburgo, dell’artista tedesca Cosima von Bonin (1962, Mombasa) che mette in luce le sue creazioni più recenti. L’esposizione visibile fino al 2 marzo 2025, presenta opere prodotte da lei negli ultimi dieci anni, accanto a nuove committenze e ad alcune opere note.

Si svolge attraverso scene che coinvolgono personaggi familiari tratti dal mondo dell’animazione, dei fumetti o da sotto il mare. Figure di culto come Daffy Duck e Bambi prendono parte alla mostra, insieme a pesci, balene, capesante, conigli, squali e maiali.

Cosima von Bonin si è affermata come una figura singolare nell’arte contemporanea infondendo prospettive acute e umoristiche sulla nostra società. Le sue installazioni tessili, scultoree e multimediali sovvertono le icone della cultura pop e gli emblemi dell’industria del lusso, mettendo in scena animali imbalsamati e oggetti di uso quotidiano che svelano l’assurdità dei rapporti di potere e del consumo di massa.

Cresciuta nella vivace scena artistica di Colonia negli anni ’90, Cosima von Bonin ha attinto allo spirito irriverente di quel tempo e ha stabilito collaborazioni artistiche durature. Contemporaneamente si accende il suo interesse per la musica elettronica sperimentale che si manifesta nella mostra attraverso i paesaggi sonori composti da Moritz von Oswald.

L’artista si appropria di parole, modelli e idee provenienti da una vasta gamma di fonti, come marchi, programmi TV, cartoni animati, moda, storia dell’arte e musica pop. Gioca con le nostre aspettative e si diverte a ingannarle. Colorate e seducenti, le sue opere recenti usano e abusano dei simboli dell’intrattenimento e dei codici di marketing che governano la nostra vita quotidiana, spingendoci a riflettere sulle ideologie che li sostengono.

Paragonando le gallerie dei musei ai corridoi di un supermercato, Cosima von Bonin le riempie di opere che sembrano prendere vita e acquisire una certa autonomia. I suoi personaggi sono spesso colti a metà azione o, al contrario, completamente inattivi.

Dà loro caratteristiche antropomorfe che li fanno sembrare stranamente familiari, invitando gli spettatori a riflettere su domande esistenziali che rimangono senza risposta. A scandire il ritmo della mostra, queste scene ricordano le nostre interazioni umane, i rituali, i giochi e i simboli. Sono tutte abili metafore della vita nella società.

                                                                     Patrizia Lazzarin