L’incontro è stato casuale in un’epoca che sentiamo rivestita come di un’ovatta bianca e tanto più difficile da interpretare, e le immagini lucenti dei mosaici delle botteghe ravennati, nella vivacità dei loro colori hanno saputo restituire contenuti e significati ancora credibili all’uomo del ventunesimo secolo. Nell’anno in cui ricorrono i settecento anni della morte del poeta Dante Alighieri, il progetto curato e le opere d’arte realizzate dalle botteghe del mosaico di Ravenna, prendendo ispirazione dalla Divina Commedia interpretano l’umanità ancora attuale di un racconto poetico di un uomo del Trecento.
Ravenna, città di origini antiche che si affaccia sull’alto mare Adriatico ci unisce, sulle pareti rivestite a mosaico dei suoi edifici, ad una storia millenaria che insegna ed affascina. Le scuole ed i laboratori che operano in questo territorio hanno colto la bellezza delle tecniche usate più di millecinquecento anni fa che, ancora oggi, grazie alle tessere che rilucono davanti a noi, restituiscono le atmosfere e le idealità dei nostri avi. LA COMMEDIA IN BOTTEGA è un progetto nato nel 2016 che quest’anno giunge, dopo le creazioni a tema sulle cantiche dell’Inferno e del Purgatorio, a calarsi nelle scene e storie del Paradiso. Il programma che si compie con la collaborazione del Comune di Ravenna e del Festival del mosaico origina da un’idea delle mosaiciste affiliate al CNA di Ravenna che sono le rappresentanti di un’imprenditoria al femminile.
Vicenda questa ancora straordinaria per molteplici aspetti, segno dell’evoluzione dei tempi che hanno visto il diffondersi di quest’arte fra le donne. Neppure cinquant’anni fa le allieve delle scuole di mosaico erano una percentuale molto bassa e come in un lontano passato rimaneva motivo di stupore che esse si dedicassero a questa attività. A metà del Cinquecento il noto storico dell’arte Giorgio Vasari nelle sue Vite dei più eccellenti pittori, scultori, e architetti, esprimeva il timore che le donne scultrici potessero rovinarsi le loro belle mani in lavori dove si manipolava la pietra. Nel primo catalogo del progetto Commedia in Bottega, dedicato all’Inferno, Linda Kniffitz, responsabile del Centro Internazionale di Documentazione sul Mosaico del Museo d’Arte della città di Ravenna, scrive: da più parti si ritiene che Dante – che visita Ravenna già nel 1303 e nel 1310, per poi stabilirsi definitivamente in città con tutta probabilità nel 1317 – abbia composto a Ravenna parte del Purgatorio e tutto il Paradiso. Come non ipotizzare che le sfolgoranti visioni della Divina Commedia siano in parte descrizioni sublimate delle preziose decorazioni musive tardo-antiche che certamente Dante vide in città? Questa ipotesi suffragata anche da saggi autorevoli ci cala appieno nel fervore operativo delle botteghe, veri e propri centri culturali ed artistici dove si affiancano lo studio ed il restauro, il recupero di tecniche antiche e la sperimentazione, guardando al passato ma al tempo stesso cercando soluzioni nuove.
Undici mosaiciste hanno saputo rendere per immagini alcune terzine della Cantica dell’Inferno. Lea Ciambelli di Pixel Mosaici nelle Tre fiere si lascia ispirare dal primo canto del poema: Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, mostra un animale in un luogo spoglio che già nel colore del manto che si estende al paesaggio sembra far emergere il senso di solitudine e di spaesamento dell’uomo. Arianna Gallo, titolare di Koko mosaico, è l’autrice di “Paolo & Francesca”, un tatuaggio stile Od School su questi amanti dannati del quinto Canto dei Lussuriosi, dove affianca l’immaginario collettivo rinascimentale con lo stile pop anni Cinquanta. La Pioggia nera del sesto Canto di Barbara Liverani di Studio Pop Art Mosaic copre i Golosi diventati bestie che si nutrono di fango. Roberta Ciuti di Imad Punto Mosaico impegna invece gli Iracondi in una lotta senza esclusioni di colpi, mentre sono immersi nello Stige, uno dei tre fiume infernali, schiuma antica o broda, come Dante lo definisce. L’immaginario e le pene dell’Inferno continuano nelle successive creazioni legate per tema alla cantica dell’Inferno che saranno le protagoniste di un’esposizione corale a settembre nella città di Ravenna , accanto alle opere ispirate al Purgatorio e al Paradiso, spiega la guida Alessandra Bollini.
In attesa di ammirare questa rassegna di mosaici dedicati alla Divina Commedia possiamo fare un breve excursus fra alcune creazioni che sono ambientate nel Purgatorio. Ai paesaggi infernali si sostituiscono immagini ora meno crude. Le parole di Dante del Primo Canto restituiscono un’atmosfera differente: Dolce color d’oriental zaffiro, che s’accoglieva nel sereno aspetto del mezzo, puro infino al primo giro, a li occhi miei ricominciò diletto, tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta che m’avea contristati li occhi e ‘l petto. E vidi quattro stelle, opera di Anna Fietta abbandona il senso del dramma che ci ha accompagnato finora per una speranza che si legge sui volti di Dante e Virgilio a cui ora, tra le quattro stelle simbolo delle virtù cardinali, appare la strada verso la purificazione. Luciana Notturni di Officina del Mosaico, nell’opera La libertà è il dono, rappresenta con toni drammatici l’incontro di Dante con Catone l’Uticense, traendo spunto da un’incisione di Doré. Il ricordo del sacrificio della vita del romano che simboleggia il valore della libertà fa temere al poeta un cammino non facile nel secondo regno.
La triste vicenda della gentildonna senese Pia de’ Tolomei, che incontriamo nel quinto canto del Purgatorio, uccisa dal marito per il sospetto di adulterio, offre a Maddy infine, l’occasione per una riflessione sulla condizione di tutte le donne maltrattate, offese, colpite a morte. Una trama di tessere vetrose marroni e blu su una pagina bianca dalla griglia regolare mostra il volto di Pia sdoppiato: rivolto verso il basso esemplifica il terrore per l’imminente morte e verso l’alto sembra riflettere sul cammino dell’ascesi verso la perfezione, simboleggiata dalla lettera Tav in tessere d’oro, l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, emblema del compimento della parola rivelata da Dio. Levar gli occhi suoi di Elisa Brighi ed Evelina Garoni di Dimensione Mosaico, un’opera che utilizza accanto al mosaico anche la tecnica dell’acquarello, restituisce allo spettatore un’immagine fortemente primaverile di Matelda, donna molto bella, immersa nei fiori e sullo sfondo di una rigogliosa foresta. Essa che simboleggia la condizione dell’uomo prima del peccato originale, immerge Dante nelle acque del Lete e dell’Eunoè prima di intraprendere la strada della purificazione verso il Paradiso.
Patrizia Lazzarin